
5 dicembre
Rogo Thyssen, 10 anni dalla
strage. Mattarella: “Per la sicurezza sul lavoro resta ancora molto da fare”

Il presidente della Repubblica ricorda
l'incendio dell'acciaieria, in cui morirono sette operai. Chiamparino: "Indigna
che, complice l’indifferenza della giustizia tedesca, i principali responsabili
di quella tragedia siano ancora liberi come se nulla fosse successo"
“È una ferita che non può rimarginarsi accettare
che si possa morire sul lavoro e per il lavoro“. Il presidente della Repubblica
Sergio Mattarella ricorda così la strage della Thyssenkrupp a Torino, a dieci
anni dalla notte del 5 dicembre 2007, quando sette operai – Antonio Schiavone,
Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e
Giuseppe Demasi – morirono nell’incendio all’interno dell’acciaieria. Una strage
per la quale l’ex ad Harald Espenhahn e l’ex consigliere Gerald Priegnitz,
condannati in via definitiva il 13 maggio 2016 per omicidio colposo plurimo,
sono ancora liberi. “Ogni morte sul lavoro è una perdita irreparabile per
l’intera società”, ha detto Mattarella, che nel suo messaggio ricorda uno a uno
i nomi dei lavoratori morti nell’incendio.
“Il lavoro – ha aggiunto – costituisce il cardine del patto di cittadinanza su
cui si fonda la nostra Repubblica ed è un diritto del lavoratore e un dovere
della società che vengano rispettate ed applicate le norme sulla sicurezza“.
Mattarella ha poi sottolineato che “in questi dieci anni nella prevenzione degli
incidenti e nel supporto agli infortunati sul lavoro sono stati fatti passi
avanti, ma resta ancora molto da fare per far sì che la sicurezza venga
considerata essa stessa un volano che contribuisce allo sviluppo”. E “ai
familiari delle vittime e a coloro che in ogni altra tragedia sul lavoro hanno
perso un collega, un amico, un familiare”, ha concluso, “rivolgo un solidale e
affettuoso saluto“.
Ricorda su facebook i dieci anni dall’incidente anche il presidente della
Regione Piemonte ed ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino. “Di fronte alle
morti sul lavoro – scrive – non si può che provare amarezza e frustrazione, con
la netta consapevolezza che nessuna pena sarà mai abbastanza, e che nessun
risarcimento sarà mai adeguato a riempire quel lutto così crudele e a colmare il
dolore per come quel lutto si sia generato. E tanto più indigna il fatto che,
complice l’indifferenza della giustizia tedesca, i principali responsabili di
quella tragedia siano ancora liberi come se nulla fosse successo”.
Poi sottolinea come “la tragedia della Thyssen “abbia “lasciato una traccia
indelebile nella nostra comunità: è stato un lutto sentito da tutti, condiviso,
vissuto, ognuno di noi ha portato dentro di sé una parte, seppur piccola, del
dolore delle sette famiglie rimaste senza padre, figlio, marito, e di tutte
quelle risparmiate dal lutto ma segnate, per sempre. Ed è rimasto un luogo,
nella città, un vuoto urbano che nella sua desolazione ci ricorda la paura e la
tragedia di quel momento. Credo sia giusto, a dieci anni di distanza ragionare
su come nella trasformazione di quella grande area si possa lasciare un segno
permanente di quello che è successo quella notte, del dramma di quelle famiglie,
del dramma di un’intera città”.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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