
15 giugno
“Tre donne per un sito
archeologico: così, da sole, abbiamo fatto rinascere un angolo di Sardegna”
Arianna Riva, Alessia Chiuso e Stefania Simula, stanche della cattiva gestione
con cui vengono trattate le risorse culturali, hanno deciso di rilanciare il
sito di Lu Brandali. "Nel 2012 siamo partiti con poco più di duemila visitatori
l’anno, 4 anni dopo eravamo a più di 16mila”. E della Sardegna dicono: "Di
cultura si mangerebbe se solo si vendesse l'isola anche per la sua storia
millenaria"

“Ogni giorno puliamo, zappiamo, piantiamo cartelli
segnaletici, ci occupiamo della grafica e facciamo da guide turistiche: siamo
tre donne e non ci lasciamo spaventare da niente”. Da queste parti le chiamano
le ‘Cavaliere dei Nuraghi’: sono Arianna, Alessia e Stefania, tre ragazze che
hanno deciso di lasciare tutto per dare vita ad un progetto che rivalorizzasse
il territorio. È così che nasce CoolTour Gallura, una cooperativa sociale tutta
al femminile, che ha come obiettivo quello di prendersi cura del territorio de
Lu Brandali, sito archeologico a pochi passi da Santa Teresa di Gallura,
Sardegna.
Arianna Riva, viareggina, è da sempre impegnata nel mondo alberghiero. Alessia
Chiuso, laureata in Beni Culturali all’Università di Cagliari, è sarda doc e
guida turistica. Stefania Simula è mamma, guida e autrice teatrale. Nel 2012,
stanche della cattiva gestione da parte dei dipendenti pubblici e della
sciatteria con cui vengono trattate le risorse culturali del territorio Arianna,
Alessia e Stefania decidono di dare vita ad un progetto tutto loro: “Ci siamo
sedute a tavolino e abbiamo messo nero su bianco la nostra proposta al Comune:
valorizzare, finalmente, il sito archeologico chiuso da anni”.
Il 25 aprile del 2012 si aprono così per la prima volta le porte dei siti
archeologici: “Abbiamo iniziato quest’avventura senza l’aiuto di nessuno”,
racconta Alessia. Santa Teresa di Gallura è sempre stata considerata per il suo
mare, le sue coste: mai per i suoi siti archeologici. Seppur millenari. Ma il
territorio ha dimostrato di avere “enorme fame di cultura”. Nel corso degli anni
il sito archeologico Lu Brandali è rinato, così come la meravigliosa Torre di
Longonsardo: sono state organizzate mostre, eventi, presentazioni, concorsi
letterari. Ma anche visite di tutti i giorni. Il rilancio, insomma, è da
considerare un piccolo miracolo: “Nel 2012 siamo partiti con poco più di duemila
visitatori l’anno – raccontano le 3 guide turistiche – Quattro anni dopo eravamo
a più di 16mila”.
La rinascita è stata così imponente soprattutto grazie all’intervento di
privati: partendo dagli operatori locali ai semplici cittadini, che grazie al
passaparola contribuiscono alla pubblicità del sito archeologico. “I privati per
noi sono stati fondamentali. Non cerchiamo solo aiuti economici: ci sono molti
volontari che arrivano per tagliare l’erba al sito, sorvegliare i monumenti,
occuparsi della recinzione”, spiegano.
Le difficoltà sono tante, ogni giorno. E lo Stato non sempre è presente: “E’
inesistente, nessun aiuto. Si presenta solo per chiedere autorizzazioni,
certificati e simili – spiega Alessia –. E lo stesso succede negli altri siti
del territorio e della Regione”. Dopo la prima convenzione in autofinanziamento,
oggi il Comune aiuta la cooperativa con poco meno di 5mila euro l’anno, “che
servono a poco”. I punti critici sono tanti: partendo dal fatto che il sito
archeologico non è recintato, con molti visitatori che entrano abusivamente
nonostante gli avvisi. Passando per la difficoltà di far capire al territorio
che il sito Lu Brandali è un luogo dove più di tremila anni fa hanno abitato i
Nuragici. Aggiungendo le scorrazzate dei cinghiali, che ogni tanto si presentano
e devastano parte dell’area. Non sempre, poi, si riceve lo stipendio a fine
mese, nonostante il lavoro stremante. “Ma la parte più difficile da sopportare è
quella legata alle lungaggini burocratiche – continua Alessia – Si perde tempo
in chiacchiere, email, telefonate senza risposta”.
Eppure il motto delle tre guide turistiche è proprio ‘Salvare la cultura’. “Di
cultura si mangerebbe se esistesse una rete che collega e che fa collaborare
tutti i siti, anche quelli in autofinanziamento. Di cultura si mangerebbe se ci
fosse una promozione che vendesse la Sardegna non solo per il suo mare, ma anche
per la sua storia millenaria”, spiegano dalla cooperativa. Salvare la cultura,
insomma, significa salvare il futuro delle generazioni, non svendere l’isola
solo per le sue spiagge, il porceddu e i cliché che “ci portiamo dietro da
troppo tempo”. Un modello esportabile, questo? “Sì – risponde Alessia –.
Pensiamo sia l’unico modo per gestire un sito archeologico. Quando lo Stato non
ti aiuta ti ingegni per attrarre risorse: e l’unica via è organizzare rassegne,
eventi, conferenze, laboratori e visite per adulti e bambini, scuole e
ricercatori. “Ci vorrebbero più persone tenaci – concludono – folli e capaci per
gestire siti archeologici. Siamo convinte che ce la faremo”.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
6 giugno
L'allarme del Garante della
privacy: "Un grande fratello governa il web"
La Relazione dell'Autorità: "I monopolisti della rete possono condizionare
l'umanità intera". Su internet "la violenza non conosce limiti" e la
pedopornografia "viene inconsapevolmente aiutata" dai genitori che postano le
foto dei figli sui social. Attacchi informatici: 9 miliardi di danni alle
aziende italiane. Continua a crescere il telemarketing selvaggio, multe per 2,6
milioni
di CORRADO ZUNINO
ROMA - Nella relazione del Garante della privacy sull'attività del 2016 -
presentata questa mattina a Montecitorio alla presenza del presidente della
Repubblica, Sergio Mattarella, e della presidente della Camera Laura Boldrini -
il presidente Antonello Soro ha lanciato l'allarme web. "Attenzione ai tanti
grandi fratelli che governano la rete", ha detto. "Un numero esiguo di aziende,
i monopolisti del web, possiede un patrimonio di conoscenza gigantesco" e
dispone "di tutti i mezzi per indirizzare la propria influenza verso ciascuno di
noi, con la conseguenza che un numero sempre più grande di persone -
tendenzialmente l'umanità intera - potrà subire condizionamenti decisivi".
Nel 2016 il Garante della privacy si è occupato a fondo della protezione dei
dati online, a partire dai grandi motori di ricerca e i social network. Google
ha seguito il protocollo sottoscritto con il Garante per trattare i dati degli
utenti secondo normativa italiana. A Facebook, invece, l'Autorità ha imposto di
bloccare i falsi profili (i cosiddetti fake) definiti da Soro "autismo
informativo". Sul fronte "Internet delle cose", il Garante ha vietato la
realizzazione di un progetto privato che affidava a un algoritmo la misurazione
della reputazione delle persone: "Incide negativamente sulla dignità delle
persone", ha detto. Sono stati definiti, ancora la Relazione, i criteri "per
coniugare memoria collettiva e dignità della persona" nei casi di esercizio del
diritto all'oblio su internet. "E' stato inoltre rafforzato il diritto delle
persone a vedere aggiornati gli archivi giornalistici on line".
Ancora il presidente dell'Autorità: "L'assenza di limiti, propria della rete, ha
offerto infinite potenzialità di crescita e conoscenza, alle quali meno
frequentemente si è accompagnato un corrispondente esercizio di consapevolezza e
responsabilità". Ha detto Soro: "Se sul web la libertà si esprime in ogni sua
potenzialità anche la violenza, specularmente, non conosce limiti. Dalla
violenza verbale da parte di chi, in rete, supera ogni freno inibitorio
erroneamente confidando nell'anonimato fino all'estremo dell'esibizione online
di atti omicidi, da parte dei loro stessi autori, in un crescendo di lucidissima
follia".
Secondo recenti ricerche, si legge nella Relazione al Parlamento, "la
pedopornografia in rete e particolarmente nel dark web è in crescita
vertiginosa". Nel 2016 due milioni le immagini censite, quasi il doppio rispetto
all'anno precedente. "Fonte involontaria", ha sottolineato Soro, "sono i social
network in cui genitori postano le immagini dei figli".
Riguardo alla cybersecurity, nel 2016 ci sono state segnalazioni per la
violazione dei dati personali (data breach) da parte di 15 soggetti pubblici e
43 importanti fornitori di servizi di comunicazione elettronica. "Nel 2016 gli
attacchi informatici hanno causato alle imprese italiane danni per 9 miliardi di
euro, ma solo il 20 per cento delle aziende fa investimenti adeguati per la
protezione del proprio patrimonio informativo".
La Relazione del Garante si è concentrata, quindi, sul "telemarketing
selvaggio", le promozioni senza consenso al telefono: "Un fenomeno che non tende
purtroppo a diminuire", si legge. Da febbraio 2011 alla fine del 2016 sono
arrivate 25.000 segnalazioni per violazione del Registro pubblico delle
opposizioni, ovvero persone che si sono iscritte al registro (attivo dal 2010)
di chi non voleva ricevere proposte pubblicitarie e, nonostante questo, sono
state raggiunte da offerte aziendali. Su questo versante il Garante della
privacy ha chiesto modifiche legislative e comminato sanzioni per 2,6 milioni di
euro (il 79 per cento delle multe totali). Si legge, a proposito: "Il Garante ha
accertato rilevanti illeciti da parte di società di telefonia e ha svolto
ispezioni presso alcuni call center albanesi". Dei 24.000 quesiti arrivati
all'Ufficio relazioni con il pubblico, un terzo esatto (8.000) hanno riguardato
problemi legati alle telefonate promozionali e, ancora, in testa ai riscontri
forniti dall'Autorità ai cittadini (4.600 in tutto) c'è sempre il marketing
telefonico, "in costante aumento".
Sulle telefonate moleste lo scorso 4 maggio c'era stato un voto alla Camera,
all'interno del Decreto concorrenza, che eliminava i limiti alle chiamate
commerciali, voto poi contestato dallo stesso segretario del Pd Matteo Renzi. Su
quell'emendamento il presidente Soro aveva espresso "sconcerto e
preoccupazione". Alcune grandi aziende come Enel, nel frattempo, hanno
annunciato che rinunceranno a questa forma di pubblicità.
Nel settore della sanità, il Garante della privacy è intervenuto per
regolamentare l'uso delle impronte digitali per il controllo agli accessi delle
strutture ospedaliere. Quindi, ha dato indicazioni sul registro dei tumori, sul
nuovo sistema informativo dei trapianti, sulla procreazione assistita. Sul
fronte universitario, via libera alla consultazione da parte degli atenei
dell'Anagrafe nazionale per verificare i titoli autocertificati dagli studenti.
In generale, è in aumento del 38 per cento il numero delle violazioni
amministrative contestate: nel 2016 sono state 2.339. Una parte consistente
(1.817) ha riguardato l'omessa comunicazione agli interessati di data breach da
parte dei gestori di telefonia e comunicazione elettronica. Vengono, a scendere,
il trattamento illecito dei dati per uso senza consenso; l'omessa o inadeguata
informativa agli utenti sul trattamento dei loro dati personali; la
conservazione eccessiva dei dati di traffico telefonico e telematico; la mancata
adozione di misure di sicurezza; l'omessa esibizione di documenti al Garante;
l'inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità.
Le sanzioni amministrative riscosse ammontano, in tutto, a 3 milioni e 300 mila
euro. Le ispezioni si sono rivolte principalmente al trattamento di dati
effettuato da società che operano nel settore del car sharing; a quelle - come
si è visto - che si occupano di web marketing e marketing telefonico; alle
aziende che si occupano di ricerca genetica; alle agenzie di lavoro interinale;
alle società di assistenza tecnica e recupero dati per pc e telefonia mobile; ai
giochi on line; alle finanziarie. Nei confronti di società operanti nel settore
del trasferimento di denaro (money transfer) sono state applicate sanzioni per
11 milioni di euro.
La Relazione del Garante della privacy ha ricordato che su questi temi, a
partire dal maggio 2018, sarà applicato il nuovo Regolamento Ue.
Fonte: Repubblica
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