10 dicembre

 

La crisi in Italia è una tenaglia che stringe bambini e adolescenti: oltre un milione in povertà assoluta

Il rapporto di Save the Children "L'Italia Sottosopra". Un milione e 344 mila in condizioni di disagio abitativo; 650.000 in Comuni in default o sull'orlo del fallimento; 138 euro al mese il taglio dei consumi nelle famiglie con bambini; 11 euro il budget familiare mensile per libri e scuola e 23 euro per tempo libero, cultura e giochi

Una tenaglia di povertà e deprivazione, che giorno dopo giorno stringe ai fianchi sempre più bambini e adolescenti, costringendoli a vivere un presente con pochissimo "ossigeno": cibo al discount, pochi o nessun libro, scuola solo la mattina senza neanche un'ora in più per attività di svago e socializzazione, e poi a casa, in uno spazio piccolo e soffocante, nient'altro da fare nel tempo libero perché non ci sono soldi e gli aiuti che arrivano dai servizi sociali se ci sono, sono pochi, perché il Comune è in default.

Il contrario di come dovrebbe essere. È il contrario di ciò che dovrebbe essere l'infanzia e di come dovrebbe essere il nostro Paese per le sue giovani generazioni quanto emerge ne " L'Italia SottoSopra ", il 4° Atlante dell'Infanzia (a rischio) in Italia di Save the Children , diffuso stamattina alla presenza, tra gli altri, del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Enrico Giovannini, dell'Autorità Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza Vincenzo Spadafora, del Dirigente nel Servizio Studi di Struttura Economica e Finanziaria della Banca d'Italia Paolo Sestito, del Direttore Dipartimento Statistiche Sociali ed Ambientali ISTAT Linda Laura Sabbadini (diretta twitter #ItaliaSottosopra).

L'incubo della povertà assoluta. Sono oltre 1 milione i minori che vivono in povertà assoluta, il 30% in più nel 2012, pari a 1 minore su 10, documenta "L'Italia SottoSopra" con l'aiuto anche di 50 mappe; 1 milione e 344 mila vivono in condizioni di disagio abitativo; 650.000 in comuni in default o sull'orlo del fallimento, e per la prima volta è di segno negativo la percentuale di bambini presi in carico dagli asili pubblici, scesa dello 0,5%. Il 22,2% di ragazzini è in sovrappeso e il 10,6% in condizioni di obesità: il cibo buono costa e le famiglie con figli hanno ridotto i consumi e gli acquisti (-138 euro in media al mese), anche alimentari; 1 bambino su 3 non può permettersi un apparecchio per i denti. 11 euro mensili il budget delle famiglie più disagiate con minori, per libri e scuola, una cifra 20 volte inferiore a quella del 10% delle famiglie più ricche; sui 24 paesi Ocse, Italia ultima per competenze linguistiche e matematiche nella popolazione 16-64 anni e per investimenti in istruzione: +0,5% a fronte di un aumento medio del 62% negli altri paesi europei (Ocse); sono 758.000 gli early school leavers1 e oltre 1 milione i giovani disoccupati.

Stretti in una morsa. "In questa fase di crisi i bambini e gli adolescenti si ritrovano stretti in una morsa - commenta Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia - da una parte c'è la difficoltà di famiglie impoverite spesso costrette a tagliare i consumi per arrivare alla fine del mese, dall'altra c'è il grave momento che attraversa il Paese, con i conti in disordine, la crisi del welfare, i tagli dei fondi all'infanzia, progetti che chiudono. In mezzo, oltre un milione di minori in povertà assoluta, in contesti segnati da disagio abitativo, alti livelli di dispersione scolastica, disoccupazione giovanile alle stelle. Un numero così grande e crescente di minori in situazione di estremo disagio - ha aggiunto Neri - ci dice una cosa semplice: la febbre è troppo alta e persistente e i palliativi non bastano più, serve una cura forte e strutturata".

Qual è la cura. "E la cura è, secondo Save the Children ma anche istituzioni autorevoli come la Banca d'Italia e l'Ocse - ha proseguito Neri - investire in formazione e scuola di qualità, laddove l'Italia è all'ultimo posto in Europa per competenze linguistiche e matematiche della sua popolazione. La recessione non è iniziata soltanto 5 anni fa in conseguenza della crisi dei mutui subprime o degli attacchi speculativi all'euro, ma affonda le sue radici nella crisi del capitale umano, determinata dal mancato investimento, a tutti livelli, sui beni più preziosi di cui disponiamo: i bambini, la loro formazione e conoscenza. Sotto questo aspetto, l'Atlante non offre solo una mappa di ciò che non va, ma mostra bene in controluce ciò che si può e si deve fare per rimettere a posto le cose".

La crisi nel carrello. Tra il 2017 e il 2012, la spesa media mensile dei nuclei con bambini si è ridotta di 138 euro (pari al 4,6%), quasi il doppio rispetto a quanto accaduto sul totale delle famiglie. I tagli sono andati a colpire soprattutto l'abbigliamento, i mobili e elettrodomestici, la cultura, il tempo libero e i giochi: quelli più consistenti si registrano al Sud e al Centro (rispettivamente - 2,56 e 1,82) per quanto riguarda il vestiario, al Nord per la sanità (-0,66%) e nuovamente nel Mezzogiorno per il tempo libero e la cultura (-0,90 punti percentuali). Per quanto riguarda la spesa alimentare, nel 2012 il 66% di famiglie con figli - ovvero ben 4 milioni 400 mila nuclei familiari con prole - ha ridotto la qualità/quantità della spesa per almeno un genere alimentare.

Il default dei servizi sociali e degli enti locali. Sono oltre 650 mila i minori che vivono in comuni completamente falliti (72) o sull'orlo della bancarotta (52). Amministrazioni costrette ad alzare al massimo le tasse per le prestazioni fondamentali o anche a ridurre alcuni servizi cruciali, come si evince dal calo (-0,5%) - per la prima volta dal 2004 - di bambini iscritti agli asili comunali nel 2011-2012.

L'ascesa della povertà infantile. Dal 2007 al 2012 i minori in povertà assoluta sono più che raddoppiati, passando da meno di 500 mila a più di un milione. Solo nel 2012, il loro numero è cresciuto del 30% rispetto all'anno precedente, con un vero e proprio boom al Nord (+ 166 mila minori, per un incremento del 43% rispetto al 2011) e al Centro (+41%). Il Sud già fortemente impoverito ha conosciuto un aumento relativamente più contenuto (+20%) e raggiunto la quota stratosferica di mezzo milione di minori nella trappola della povertà.
Ma chi sono i bambini che non hanno il necessario per una vita dignitosa? Sono i figli di genitori disoccupati (+8,5% il tasso di povertà assoluta nelle famiglie senza occupati), oppure monoreddito ( +3,1% l'escalation della povertà), o ancora bambini i cui genitori hanno un livello d'istruzione basso. Fra i nuclei familiari con capo-famiglia privo di titolo di studio, l'incidenza della povertà assoluta è stata del 3,1%.

Il nesso stretto tra povertà economica ed educazione. "Tra povertà economica e povertà educativa c'è una stretta relazione e l'una alimenta l'altra in un circolo perverso", sottolinea Raffaela Milano, Direttore Programmi Italia-Europa Save the Children Italia. "Se si comparano i consumi di una famiglia in povertà con una benestante, si rileva che, nella prima, le spese per il pane e il cibo assorbono quasi il 35% del reddito mensile a fronte dell'11% circa di una famiglia più agiata. Così, i meno abbienti cercano di risparmiare dove possono e finisce che all'istruzione - libri scolastici, lezioni private, rette - possano destinare appena 11 euro al mese e 24 alla cultura, tempo libero e gioco a fronte dei 360 euro delle famiglie più abbienti. Questo deficit di spesa educativa delle famiglie in povertà non è compensato da investimenti pubblici su welfare ed educazione, con il risultato che i bambini più poveri vivono una gravissima contrazione delle opportunità educative indispensabili per la loro crescita".

Minori sotto sfratto. Negli ultimi 5 anni sono stati emessi quasi 300 mila provvedimenti di sfratto per morosità e ne sono stati eseguiti 100 mila. Nel 2012 le ingiunzioni per morosità hanno superato, per la prima volta, quota 60 mila: ogni 10 sfratti emessi, 9 sono dovuti alla difficoltà o impossibilità delle famiglie di fare fronte alle spese per la casa. Un'incertezza abitativa che va di pari passo con la precarietà di molte sistemazioni: 1 milione e 344 mila tra bambini e ragazzi, il 12% della popolazione di riferimento, vive in situazioni di particolare disagio - sovraffollamento, alloggi privi di alcuni servizi e con problemi strutturali - con un incremento del 25% rispetto al 2007.

Crescere nell'Italia SottoSopra. La povertà nel suo senso più ampio - basso reddito, disoccupazione, mancanza di supporti emotivi e psicologici, mancanza di protezione ambientale - rappresenta il maggior "determinante di salute", cioè ha un impatto rilevante e in negativo sulla speranza di vita e la salute media. "Studi autorevoli confermano anche la stretta relazione fra i bassi livelli di istruzione delle madri e degli stessi ragazzi e l'insorgenza di alcune patologie come l'obesità. Al crescere dell'istruzione da parte delle madri aumenta il loro grado di consapevolezza sul reale stato di salute dei figli e ciò costituisce un fattore importante di prevenzione e riduzione del rischio", spiega ancora Raffaela Milano.

Povertà educativa. Il capovolgimento dell'Italia SottoSopra, oltre che da fattori contingenti, è prodotto dalla debolezza strutturale del suo capitale umano, caratterizzato da un diffuso analfabetismo funzionale. L'Italia è in ultima posizione fra i 24 paesi Ocse per competenze linguistiche e matematiche3. In particolare è il fanalino di coda in quanto a percentuale di individui (16-64 anni) intervistati con un punteggio intermedio (3) o superiore (4 o 5) nella scala delle competenze linguistiche (250 il punteggio del nostro paese a fronte di una media Ocse di 277). I dati riflettono in parte le competenze limitate della popolazione più anziana (55-65 anni), mentre le fasce più giovani (16-24 anni) mostrano un recupero di oltre 20 punti sia in lingua che in matematica, ma il progresso non è sufficiente ad eguagliare le performance della media Ocse: i laureati italiani, in quanto a capacità linguistiche, fanno mediamente peggio dei diplomati di Australia, Giappone, Finlandia e Paesi Bassi.

Il Sud penalizzato. A fronte di ciò, la spesa pro-capite per gli studenti della scuola primaria e secondaria è rimasta di fatto invariata (con un incremento minimo dello 0,5% in termini reali fra il 1995 e il 2010), mentre nei paesi Ocse l'investimento per le stesse voci aumentava in media del 62%. E negli ultimi 5 anni la spesa delle famiglie per l'istruzione, cresciuta di poco al Nord e al Centro per effetto dei rincari di servizi e materiali, è invece scesa leggermente proprio nelle regioni più impoverite del Mezzogiorno.

L'ascensore rotto della scuola. In un quadro di depotenziamento della scuola non stupisce se essa fa più fatica ad attrarre e trattenere gli studenti più disagiati, impedendone la dispersione e favorendone il rafforzamento delle competenze. Nel quinquennio 2002-2007, la percentuale di giovani con un basso livello di istruzione si era ridotta di 4,5 punti in percentuale, quasi un punto all'anno; dal 2007 al 2012, i cosiddetti early school leavers fermi alla sola licenza media hanno preso a scendere al ritmo ben più lento dello 0,4%, passando in 5 anni dal 19,7% all'attuale 17,6% per un esercito di 758 mila giovani con bassi titoli di studio e fuori dal circuito formativo: 5 punti percentuali in più della media europea. Ragazzi che spesso vanno ad accrescere il numero di disoccupati che, nel luglio 2013, hanno raggiunto la cifra record di oltre 1 milione di under 30 e la spaventosa percentuale del 41,2% fra i 15-24enni.

Le Aree ad Alta Densità Educativa. "L'intensa povertà e deprivazione in cui vivono sempre più bambini, adolescenti e giovani, vuol dire innanzitutto riduzione delle libertà di scelta, privazione di opportunità, chiusura di orizzonti, impossibilità di fissare e raggiungere traguardi. Ancora prima della mancanza di reddito è questa la povertà che spezza le gambe: una condizione che si può contrastare solo tornando ad investire sulla educazione. Serve più scuola, e di prim'ordine e, allo stesso tempo, servono territori ad alta densità educativa, dove tutti i bambini, senza alcuna eccezione, possano non solo studiare ma fare attività ugualmente rilevanti, come sport, musica, gioco, stare insieme, scoprendo le proprie passioni e talenti e imparando a pensare il futuro in modo aperto", spiega ancora Raffaela Milano.

Gli esempi cui ispirarsi. "Non mancano gli esempi cui ispirarsi per ribaltare l'Italia sottosopra. Basta guardare a progetti come INVFactor del Cnr- Irps che, attraverso un concorso per la migliore invenzione realizzata, sta portando alla luce la creatività e intelligenza di tanti studenti di istituti tecnici italiani, la rete delle orchestre giovanili, le esperienze di contrasto alla dispersione scolastica che incidono non solo sulla didattica nelle classi, ma anche sul rafforzamento delle opportunità educative fuori da scuola, sui territori".

 

Grazie a pochi controlli e complicità facile portare miliardi oltre frontiera

di MARIA ELENA SCANDALIATO e ANDREA SCERESINI

Si fanno chiamare "corrieri". Viaggiano tra l'Italia e la Svizzera, attraversando il confine con il loro carico prezioso: interi capitali in contanti, che ogni giorno, di nascosto, vengono prelevati dalle banche nostrane e trasferiti in quelle elvetiche. Un meccanismo che continua a girare senza intoppi, nonostante la recente offensiva che il governo italiano - affiancato dagli esecutivi di altri paesi europei - sta muovendo nei confronti del segreto bancario: ovvero, l'uovo di Colombo, la pietra angolare sulla quale si basa l'intero ingranaggio.

Paura del Pci e di Monti. "Era il 1934, quando il governo federale decise di introdurre questa norma", racconta un ex dirigente di banca svizzero che per anni si è occupato dell'importazione di capitali italiani. "Ricordo che alla vigilia delle elezioni politiche del 1976, quando il Pci sfiorò il sorpasso sulla Dc, in una sola settimana furono contrabbandati in Ticino qualcosa come cento miliardi di lire dell'epoca. Una situazione del genere si è nuovamente verificata nel 2011, durante la nascita del governo Monti".

L'assicurazione. L'iter dell'operazione è perfettamente rodato: la possibilità di errori si avvicina allo zero. "Le banche italiane fanno da tramite tra il cliente e la banca svizzera: i corrieri sono in contatto diretto con gli istituti di credito, che li mobilitano a seconda delle esigenze. Alcuni corrieri, addirittura, stipulano delle vere e proprie polizze assicurative: nel caso improbabile che si verifichi un incidente, i soldi arriveranno comunque a destinazione". Quanti e dove. I capitali nascosti oltre frontiera da cittadini italiani oscillavano tra 124 e 194 miliardi di euro a fine 2008: l'ultimo studio redatto dalla Banca d'Italia, risalente al 2011, parla di una cifra compresa tra il 7,9% e il 12,4% del Pil (Prodotto interno lordo). Per quanto riguarda le destinazioni d'approdo, è interessante prendere in esame i dati riassuntivi dello scudo fiscale 2009-2010: all'epoca, il 68,8% dei capitali scudati si trovavano in Svizzera, il 7,9% in Lussemburgo, il 4,8% a San Marino, il 4,5% a Monaco. Percentuali piuttosto simili possono essere estratte dall'ultimo rapporto annuale dell'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia, che ha preso in esame i bonifici che interessano controparti o intermediari residenti in aree geografiche "sensibili" per quanto riguarda la lotta al riciclaggio: la Svizzera si conferma la piazza più attiva, con il 60% dei flussi in entrambe le direzioni.

La musica sta per cambiare. Eppure molto presto la musica potrebbe cambiare: lo scorso 18 ottobre Berna ha siglato la convezione sullo scambio automatico delle informazioni tra autorità fiscali. Nel contempo, il Gruppo d'azione finanziaria internazionale e il G20 hanno fatto pressione sul governo elvetico affinché elabori una proposta di legge che introduca i reati fiscali qualificati come reati presupposto del reato di riciclaggio. La deadline è il 2016: in caso di mancato adeguamento, il paese degli orologi e del cioccolato sarà inserito nella black list. Il vecchio segreto bancario, insomma, sembra avere i giorni contati: tanto che il governo Letta sta già ragionando su come gestire il rientro in patria dei capitali non dichiarati, e ha recentemente annunciato, tramite il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, l'adozione di "una serie di norme per favorire tale flusso".

Le strade alternative. Tutto risolto, insomma? Non esattamente. "Molti capitali vengono fatti viaggiare lungo strade alternative, molto difficili da sbarrare", spiega il nostro esperto italo-elvetico. Ci sono, ad esempio, i soldi sporchi della malavita organizzata: che vengono affidati a vere e proprie teste di legno, titolari di regolarissime società svizzere. "Queste teste di legno utilizzano il denaro per dar vita a una lunga catena di operazioni transazionali", assicura "Dopodiché i capitali tornano in Svizzera, vengono fatti riposare per un po', e infine vengono reinvestiti nel mercato italiano. La Finanza si mette al lavoro e tenta di ricostruire i vari passaggi dell'operazione: ma ci vuole tempo e ci vogliono le rogatorie. È come cercare di svuotare l'oceano con un cucchiaino".

 

9 dicembre

 

Mezzi pubblici, l’inefficienza del sistema costa mille euro l’anno a famiglia

A Milano ogni nucleo familiare di quattro persone paga 2mila euro di tasse l'anno in contributi all'Atm. Non è migliore la situazione a Roma, dove l'Atac ha incassato quasi 3 miliardi di aiuti in 4 anni

di Andrea Giuricin

Gli scandali che hanno coinvolto l’azienda di trasporto pubblico di Roma negli ultimi mesi non devono sconvolgere, ma devono indignare. Non sconvolgono semplicemente perché i dati dell’azienda sono noti a tutti da molto tempo, ma nessuno è mai riuscito a intervenire. Devono indignare invece per molteplici elementi. Lo scandalo di Atac a Roma non deriva dalla somma negativa del margine operativo lordo che l’azienda ha accumulato negli ultimi quattro anni, pari a 676 milioni di euro.

Infatti, essendo un’azienda pubblica, tale risultato deriva dalla quantità di contributi che riceve. Ad esempio, le perdite della Amt di Genova, per le quali è scoppiato lo sciopero selvaggio, erano pari a 8 milioni. Un’inezia rispetto alle centinaia di milioni di euro l’anno di contributi pubblici ricevuti. A Roma i contributi pubblici negli ultimi quattro anni sono stati pari a 2,978 miliardi di euro. Una cifra enorme che viene pagata direttamente da tutti i cittadini tramite le proprie tasse.

A questi contributi pubblici o sussidi bisogna inoltre aggiungere i ricavi che derivano dai biglietti e dagli abbonamenti. Questi introiti sono solo il 23,8% del totale, perché quasi tutti i ricavi derivano dalle tasse pagate dai cittadini. Cosa serve a “coprire” questo elevatissimo livello di sussidi? Il carburante si potrebbe pensare. L’incremento del costo del carburante si è fatto sentire infatti negli ultimi quattro anni, un po’ come per tutte le famiglie italiane anche per Atac. Ma tale costo è cresciuto dal 3,9% del 2009 al 5,6% del 2012 sul totale dei costi. Un’inezia. Quindi il carburante incide per poco più di un ventesimo dei costi totali.

La grande spesa di Atac deriva invece dal personale. Gli introiti da tutti i biglietti e gli abbonamenti coprono solo il 45% dei soli costi dei dipendenti. Uno scandalo che deriva da un’organizzazione del lavoro inefficiente e da un sovradimensionamento dell’organico per i motivi a tutti noti. Parliamo di inefficienza perché è bene fare il confronto con i casi europei. L’Italia non è l’Europa e questo è chiaro a tutti, ma certo i livelli di costo delle aziende pubbliche di trasporto italiane sono ingiustificabili. A Roma, così come nel resto d’Italia, una vettura che percorre un chilometro costa oltre 6 euro. Quasi tre volte di quanto accada nel Regno Unito e circa il doppio di quanto costa in Svezia.

Quindi a parità di sussidi pubblici, con l’efficienza svedese, in Italia il servizio di trasporto potrebbe essere gratuito con un numero di autobus anche superiore. Ad esempio, a Roma ogni dipendente Atac costa 46mila euro superiore anche a Parigi dove il costo è di 42mila euro e dove il costo della vita è molto più caro. Ma non è il solo costo medio a dover preoccupare, ma il numero complessivo di dipendenti che ormai è pari a circa 12mila dipendenti. Cosa si potrebbe fare al fine di migliorare il sistema? In primo luogo, dal lato dei ricavi, si potrebbe imporre di fare entrare i viaggiatori solo dalla porta anteriore, in modo da abbattere il tasso di evasione che è intorno al 30 per cento.

Questo metodo non è tipico solo della Gran Bretagna o della Svezia, ma avviene anche nelle grandi città europee come a Barcellona, Parigi o anche a Istanbul. Il guidatore diventa anche controllore e fare il biglietto a bordo può essere disincentivato da tariffe più elevate. Su questo punto i sindacati si sono sempre opposti, ma credo che ormai sia finito il tempo di difendere le proprie posizioni di rendita. L’Italia non se lo può più permettere. I problemi maggiori arrivano tuttavia dal lato dei costi. Nel nostro Paese i costi sono doppi rispetto ai casi europei e per abbatterli è necessario introdurre una liberalizzazione del settore. L’assegnazione dei contributi pubblici dovrebbe avvenire solo tramite delle gare trasparenti in modo da diminuire gli sprechi enormi che affliggono Atac e le altre aziende di trasporto pubblico locale.

Ma le gare devono essere serie, non come è avvenuto in passato in alcuni casi italiani (vedi Atm) dove c’erano dei requisiti tali per partecipare che si presentava solo un concorrente (quello comunale). Questi risparmi di costo, complessivamente pari a circa 2 miliardi di euro, possono essere utilizzati per offrire circa il doppio dei mezzi pubblici, rendere totalmente gratuito il servizio e ridurre le tasse. Questa rimane una scelta pubblica. Ricordo che a Milano ogni famiglia di quattro componenti paga circa 2mila euro di tasse l’anno in contributi all’Atm. Se avessimo l’efficienza dei casi europei indicati precedentemente questa spesa potrebbe essere ridotta di mille euro l’anno con lo stesso numero di chilometri percorsi dai mezzi. Altro che riduzione dell’Imu sulla prima casa.

 

"I nazisti di Alba Dorata sono una minaccia per la Grecia e per l’Europa"

a cura di Niccolò Locatelli

Dimitri Deliolanes, corrispondente in Italia della Radio e televisione ellenica (Ert), è autore del libro “Alba Dorata. La Grecia nazista minaccia l'Europa”

LIMES Possiamo definire Alba Dorata come il partito dei seguaci di Hitler?
DELIOLANES Assolutamente sì. Alba Dorata [Ad] nasce nel 1980 richiamandosi esplicitamente al nazionalsocialismo. La sua produzione teorica, a parte qualche poesia satanista e qualche romanzo, consiste nella traduzione dal tedesco dei testi dei gerarchi nazisti. L'adesione al nazismo è totale, non c'è un aspetto che venga tralasciato: l'antisemitismo, le teorie razziali, l'elemento esoterico riportato addirittura nel nome, che richiama Golden Dawn.

Alba Dorata si definisce nazionalista ma è una definizione fuorviante: con il nazionalismo greco non c'entra nulla. Il nazionalismo greco è un nazionalismo culturale, non si basa su teorie del sangue e della purezza della razza. Esso nasce all'interno della borghesia ma nel XIX secolo è diventato uno strumento più di sinistra che di destra: basti pensare che il Partito comunista è uscito dall'irrilevanza ed è diventato una forza nazionale proprio innalzando la bandiera dell'indipendenza contro l'occupante tedesco nella seconda guerra mondiale, mentre i partiti borghesi erano sciolti o aspettavano l'aiuto britannico. Anche il nazionalismo di destra non disprezza gli altri per ragioni razziali ma culturali.

LIMES Quanto c'è di greco e quanto di europeo nell'ascesa di Alba Dorata?
DELIOLANES Si possono dividere le responsabilità tra l'Unione Europea e i due partiti che hanno governato la Grecia negli ultimi 40 anni, i socialisti del Pasok e il centrodestra di Nuova democrazia. L'Ue ha applicato in Grecia una politica fallimentare, mentre la classe dirigente nazionale pur di nascondere le proprie responsabilità nella crisi non ha fatto altro che accettare passivamente le ricette di Bruxelles. Il risultato è stato che agli occhi dell'opinione pubblica greca sia l'Unione Europea sia la classe politica nazionale sono apparsi totalmente delegittimati e le istanze di critica della democrazia provenienti da formazioni di estrema destra come Alba Dorata [Ad] hanno guadagnato consensi.

LIMES Come hanno reagito i partiti tradizionali al boom di Alba Dorata?
DELIOLANES Tutte le forze politiche si sono allarmate, anche perché non se l'aspettava nessuno. I sondaggi sono stati fuorvianti: evidentemente gli elettori di Ad sono restii ad ammettere che votano per Ad. In parlamento si è aperto un dibattito profondo, iniziato dai socialisti: il leader dei socialisti, Evangelos Venizelos, ha proposto di mettere Ad fuori legge, ma si è capito che mettere fuori legge un partito che ha il 7% è controproducente. In Grecia l'idea di bandire i partiti non piace molto, come non piace reprimere le idee, persino quelle più estreme come il negazionismo. Si è pensato a come isolare Ad, infine si è arrivati alla soluzione di colpire i singoli comportamenti criminali più che le idee.

Nuova democrazia conserva invece un margine di ambiguità perché c'è un gruppo attorno al premier Samaras che propone di dialogare e cerca di sdoganare Ad, parla della teoria degli “opposti estremismi”, individua il nemico solo in Syriza. Quasi a preparare il terreno per un futuro eventuale governo di coalizione con Alba Dorata. Sono tutti indizi di una frammentazione pericolosa del fronte democratico anti-fascista, una frammentazione che crea forti tensioni anche all'interno della stessa Nuova democrazia.

LIMES E quella parte dell'opinione pubblica che non ha votato per Ad?
DELIOLANES L'opinione pubblica è preoccupata e si vergogna. La Grecia ha una profondissima tradizione antifascista, si è liberata da sola dalle potenze dell'Asse, ha pagato un forte tributo di sangue con la Resistenza. L'ascesa di Ad è vista come una delle tante catastrofi causate dalla crisi.

LIMES Pur non essendo al governo, Alba Dorata è in grado di dettare l'agenda?
DELIOLANES Sicuramente Ad ha condizionato l'esecutivo in maniera pesante su questioni come l'ordine pubblico e il comportamento della polizia, soprattutto rispetto all'immigrazione. C'è un preoccupante fenomeno di penetrazione di Ad nelle forze di polizia contro cui il governo non ha intenzione di fare nulla, anche perché il consenso popolare di cui l'esecutivo gode sta venendo meno e questo è costretto a ricorrere alle azioni di polizia per alimentarlo.

LIMES Come si pone Alba Dorata rispetto a un problema endemico del sistema politico greco quale il clientelismo?
DELIOLANES In teoria Ad dovrebbe rappresentare la negazione del clientelismo e dei sistemi di spartizione del potere applicati da Pasok e Nuova democrazia. In realtà, il leader di Ad Nikólaos Michaloliákos ha fatto in modo di mandare in parlamento sia la moglie sia il fidanzato della figlia; addirittura quest'ultimo era risultato primo dei non eletti, ma è entrato perché chi lo precedeva è stato “invitato” a fare un passo indietro in cambio di un lavoro sempre in parlamento. Secondo alcune voci, anche il portavoce del gruppo, Ilias Kassidiaris, sarebbe un lontano parente.

LIMES La magistratura è attiva o inerte nei confronti di Alba Dorata?
DELIOLANES La magistratura greca non ha capacità di iniziativa autonoma, i giudici fanno carriera in base alle decisioni del Consiglio dei ministri, quindi per fare indagini al riguardo devono avere la luce verde dal governo. Questa luce si è accesa dopo l'omicidio del militante antifascista Pavlos Fissas, vedremo se rimarrà verde. Le ipotesi di reato in base ai quali sono stati arrestati i 3 deputati di Ad tuttora in prigione sono l'uccisione di Fissas, altri 5 omicidi accertati di immigrati, il traffico di droga, il traffico d'armi e il racket. Giudici e inquirenti stanno cercando di fare luce ed eventualmente punire i crimini individuali dei militanti di Ad (legati più alla loro contiguità con il mondo della notte che alla loro attività politica) piuttosto che al gruppo in quanto tale.

LIMES Come sono i rapporti tra Alba Dorata e altri movimenti di estrema destra europea?
DELIOLANES Non so se Ad sia un modello, sicuramente è un esempio. Da quando Alba Dorata è in entrata in parlamento, c'è stato un pellegrinaggio in Grecia da parte di estremisti di altri paesi. Non so quanto Ad voglia diventare un punto di riferimento dell'estrema destra europea: le interessano quasi esclusivamente i rapporti con l'NPD tedesco. Con Forza nuova, per esempio, aveva rapporti molto più stretti prima del boom elettorale.

LIMES Alba Dorata ha emuli in Italia?
DELIOLANES Il populismo e alcune posizioni di Alba Dorata su temi quali l'immigrazione, il controllo delle risorse nazionali e in breve l'approccio alla cosa pubblica sono stati a lungo spezzettati e ripresi da varie componenti, anche democratiche, della destra italiana. Ma oggi non c'è in alcun modo una formazione politica in Italia che si possa dire in assonanza con Ad. Ho seguito la conferenza che si è tenuta il 29 novembre a Casa Pound a Roma con due esponenti di secondo piano di Alba Dorata. Per me, si tratta di un fidanzamento di convenienza che non durerà. Il problema del nazismo è stato nascosto sotto il tappeto ma prima o poi emergerà: Casa Pound non è nazista, Alba Dorata sì.

LIMES Cosa rimarrà dell'ascesa di Alba Dorata?
DELIOLANES Difficile rispondere in medias res. Conterà molto vedere come usciremo dalla crisi. Il periodo di dominio della politica dell'austerità e della troika in Grecia sta finendo, chi ha applicato questa politica sta per essere spazzato via dal voto popolare, emergerà un governo che porrà alla troika questioni molto delicate. La Grecia è un paese piccolo ma ha dimostrato di essere un laboratorio per il mediterraneo europeo. Se continuiamo con la politica della Merkel e del saccheggio della ricchezza pubblica, Ad avrà maggiore spazio per scatenare un'offensiva non solo contro l'Unione Europea quanto contro la stessa democrazia greca. La loro presenza di sicuro non aiuta la stabilizzazione politica del paese.

 

6 dicembre

 

CHE DICE LA CANCELLIERI SULLA MANCATA SCARCERAZIONE DI FEDERICO PERNA, IL 141° MORTO IN GALERA QUEST’ANNO, 10 ANNI IN GABBIA PER UN FURTO INFINITAMENTE PIÙ PICCOLO DEI LIGRESTI?

Non si discute il diritto di Giulia Ligresti a uscire di galera, la sua voglia di shopping e di ereditare milioni sottratti agli azionisti e creditori Fonsai - Dov’è l’umana pietà della ministra per Federico Perna, morto tumefatto a Poggioreale? Ma com’è ovvio Cancellieri non si rimprovera e non riconoscerà un bel nulla...

Pino Corrias per "il Fatto Quotidiano"

Se la ministra Annamaria Cancellieri è innocente per Giulia Ligresti, detenuta di prima classe, valore stimato in molti milioni di euro, allora è doppiamente colpevole per la mancata scarcerazione di Federico Perna, il detenuto da due lire, morto l'altro giorno a Poggioreale, con il corpo tumefatto come neanche un cane dovrebbe. È colpevole perché Cancellieri - difendendosi utilmente in Parlamento, inutilmente davanti alla pubblica opinione - ha rivendicato come suo inviolato dovere il diritto umanitario che l'ha spinta a telefonare per la tutela della sua amica Giulia, dicendo che "lo avrebbe fatto per chiunque". Anzi "che era pronta a farlo per chiunque".

Lo ha fatto per il detenuto Perna? Tutto il fervore esibito per liberare Giulia con il suo prezioso guardaroba, le sue carte di credito, i suoi segreti, è svaporato nella dimenticanza. Lasciando completamente solo quel detenuto - che pure da lei dipendeva, dal suo ministero di Giustizia senza Grazia - marcito per tre anni nell'inferno di Poggioreale, ammalato nel corpo e nella testa, uno che scriveva alla madre "ti prego, voglio tornare da te, fammi uscire".

E che scrivendo senza essere ascoltato da nessuno è stato cancellato e poi archiviato come 141esima vittima dell'anno. Un ladruncolo, titolare di nessuna storia, nessuna parentela, condannato alla detenzione fino al 2018, colpevole di avere maneggiato assai meno refurtiva di un dito mignolo di un qualunque banchiere, o del più giovane dei Ligresti, quello ancora in fuga nella Svizzera delle finanziarie anonime.

Qui non si discute il diritto di Giulia Ligresti a uscire di galera, ci mancherebbe, non è lei lo scandalo, la sua voglia di libertà, il suo sacrosanto diritto allo shopping in attesa di ereditare il gruzzolo accumulato dalla famiglia con il commercio di aree edificabili, cliniche, e la finale spoliazione di un'azienda, la Fonsai.

Qui si discute lo scandalo della scandalosa ministra, prefetto di prima classe, anzi prefetto di classe.

Per la primogenita dei suoi due amici miliardari, i fratelli Ligresti, la fedele Cancellieri - che non trova sconveniente frequentare da ministra pregiudicati di quella risma, né telefonare ai superstiti di una famiglia finita tutta in galera - si attiva immediatamente mossa da umana pietà: "Non ho proprio nulla da rimproverarmi. Ho agito secondo coscienza". Bene, benissimo. E quindi dovrebbe avere molto da rimproverarsi a non avere agito secondo coscienza in questo caso che segue di così poco il primo. Riconoscendo l'immorale silenzio di oggi in aperto contrasto con il diritto morale all'aiuto di ieri.

Ma com'è ovvio Cancellieri non si rimprovera e non riconoscerà un bel nulla. Per questo ha scelto di esibire il suo pubblico disinteresse non avendo trovato neppure il tempo di riferirne in Parlamento. Per le scorie sociali come Federico è abbastanza il suo vice. Chissà se, perdendo almeno il sonno, la ministra non incaricherà il suo vice di dormire al posto suo.

2 dicembre

1. PAGA DI UN EURO ALL’ORA PER 15 ORE AL GIORNO E INFERRIATE ALLE FINESTRE PER IMPEDIRE LA FUGA. ANCHE IN CASO DI INCENDIO. PRATO COSTRETTA AL LUTTO PER L’ENORMITÀ DI QUESTI SETTE SCHIAVI MORTI. CADAVERI CINESI CHE PER UNA VOLTA AVRANNO UN FUNERALE TRACCIABILE. POI VERRÀ TUTTO RIMOSSO IN POCHI GIORNI, PERCHÉ IN FONDO SONO CINESI E QUINDI, FONDAMENTALMENTE, CHI SE NE FREGA. EPPURE BASTEREBBERO POCHE CONSIDERAZIONI PER CAPIRE CHE ANCHE QUESTA STRAGE È ROBA NOSTRA
2. NEGLI ANNI SCORSI, CENTINAIA DI IMPRENDITORI TESSILI ITALIANI HANNO DELOCALIZZATO IN CINA PER PAGARE MENO I LAVORATORI. POI HANNO TROVATO PIÙ CONVENIENTE, CON LA CONNIVENZA DELLE AUTORITÀ CINESI E ITALIANE, IMPORTARE QUEGLI STESSI LAVORATORI-SCHIAVI E INSERIRLI A VALLE NELLA CATENA PRODUTTIVA. SCOMMETTIAMO CHE QUEI CAPANNONI CHE OGGI I GIORNALI DEFINISCONO IPOCRITAMENTE “LAGER” SONO DI PROPRIETÀ ITALIANA? E LE BANCHE DI PRATO NON HANNO NULLA DA DICHIARARE?

Luca Fornovo per "La Stampa"

 

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