
27 luglio
Atac, il dg Bruno Rota: “Soldi
finiti e metrò senza manutenzione, il tempo è scaduto”
L’azienda è insolvente, i fornitori non fanno
credito: "L’azienda è in stato di dissesto conclamato. Ma qualcuno se ne
approfitta. Non licenzieremo, però qui si deve lavorare”
di Gianni Barbacetto

Lo dice secco: “Il tempo è finito. È venuto il
momento di dire la verità”. Bruno Rota è da aprile 2017 direttore generale di
Atac, l’azienda del trasporto pubblico di Roma. Aveva lasciato dopo sei anni la
guida di Atm, dove aveva ottenuto buoni risultati, ma aveva avuto forti
contrasti con il sindaco di Milano Giuseppe Sala. A Roma ha accettato la
“mission impossible” di provare a risanare un’azienda che sapeva molto
compromessa. “Sì, sapevo che il mio compito sarebbe stato difficile. Ma in
questi mesi ho scoperto che è peggio di quello che immaginavo”.
Che situazione ha trovato?
L’azienda ha un debito di 1.350 milioni. Per anni Atac non ha investito e ha
accumulato perdite su perdite, con debiti fatti via via per coprire le perdite
di gestione, non per finanziare investimenti. Occorrono misure serie e
immediate. E comunque non è questa la cosa peggiore.
E qual è allora?
L’Atac ha 325 milioni di debito commerciale. Vuol dire che siamo ormai ogni
giorno inseguiti dai fornitori che hanno da molti anni crediti altissimi e non
vengono pagati. Vuol dire che non possiamo nemmeno più comprare il materiale che
ci serve per fare la manutenzione. I fornitori non fanno più credito.
I mezzi Atac si guastano spesso.
Il nostro parco mezzi è vecchio, ha una vita media di oltre 11 anni, con una
parte di mezzi molto più vecchi. Sono quelli che guastano in continuazione. In
queste condizioni, le manutenzioni sono necessarie e devono essere frequenti. Ma
non abbiamo più i soldi per comprare il materiale che serve.
Perché “il tempo è finito”? E qual è la verità da dire?
La società è in una situazione gravissima, non riesce da molto tempo a far
fronte ai propri impegni finanziari. Ora non si può più rimandare l’intervento.
L’azienda è in stato di dissesto conclamato. Oltretutto in queste condizioni ci
sono anche chiari obblighi di legge: se non riesce a far fronte ai propri
impegni, noi abbiamo l’obbligo di ufficializzare questa situazione.
Che cosa si deve fare? Portare i libri in tribunale?
Bisogna ristrutturare il debito. La legge fornisce diversi strumenti.
Gli amministratori, il sindaco Virginia Raggi, l’assessore alle partecipate
Massimo Colomban, conoscono la situazione?
Io sono arrivato in Atac il 18 aprile 2017. Per due mesi sono stato a guardare e
a studiare, perché non mi sono state date deleghe operative, che sono arrivate
solo il 28 giugno. Ma mi sono bastati dieci giorni di lavoro per capire la
situazione dell’azienda, che ho subito riportato al sindaco.
Reazioni?
Ha capito subito la situazione, ha mostrato grande comprensione e mi ha
garantito un pieno sostegno.
Che cosa non funziona allora?
Bisogna intervenire subito. Ho presentato un piano. Ora è il tempo delle
risposte.
Intanto il servizio funziona male, i mezzi si guastano, i cittadini protestano.
È vero che la regolarità del servizio è sempre a rischio, perché non si riesce
da tempo a fare le manutenzioni. Ma i mezzi che escono dai depositi per il
servizio sono gli stessi di dodici mesi fa. Eppure ora viene descritta una
situazione catastrofica, perché c’è una campagna di stampa che aggiunge cose
negative false a quelle vere, che pur ci sono. Per ostilità politica, suppongo.
Nel caso della donna trascinata per metri da un treno del metrò in corsa, è
stato scritto che non ha funzionato il freno d’emergenza: ma i treni del metrò
non hanno freno d’emergenza. Ho letto un titolo sul “rogo” di un “treno
bruciato” sulla Roma-Giardinetti: in verità, era soltanto uscito fumo da un
carrello.
È stato scritto anche che c’è stato un crollo nella vendita dei biglietti.
Altra notizia falsa. Non per merito mio, che sono appena arrivato, ma da inizio
d’anno, con accelerazione ad aprile, c’è stata una crescita dei biglietti del
2,3 per cento, con incassi aumentati di 3 milioni, grazie agli abbonamenti e al
biglietto turistico.
È stato scritto che Atac licenzierà 2.500 dipendenti.
Falso. Il nostro problema non è tagliare i dipendenti, ma farli lavorare, perché
oggi non riusciamo a coprire i turni. Troppe assenze, turni di lavoro abbreviati
perché molti macchinisti non timbrano l’ora di entrata e di uscita e nessuno
controlla. Qualcuno approfitta della situazione riconsegnando dopo qualche ora
di lavoro il suo mezzo dicendo che non funziona più bene. Bisogna ripristinare
un sistema di regole e di controlli per impedire che ognuno faccia ciò che gli
pare.
Rimpiange Milano?
Rimpiango tantissimo Milano e Atm. Mi mancano quasi fisicamente. Mi manca il
clima di verità in cui sono sempre avvenuti anche i confronti più aspri, per
esempio con le forze sindacali. E mi manca la “squadra” di colleghi capaci che
avevo faticosamente messo insieme in Atm. Qui a Roma, vincoli legislativi e la
situazione aziendale rendono quasi impossibile rafforzare la squadra.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
20 luglio
Gli Usa mettono il segreto sulle
armi atomiche in Italia
Vietata la divulgazione dei report sulla sicurezza degli arsenali nucleari, che
per decenni hanno fornito le uniche informazioni sulle armi dell’apocalisse.
Proprio mentre il Parlamento discute delle nuove bombe per gli F-35 del nostro
Paese
di STEFANIA MAURIZI
Buio totale. E' questo che ci aspetta d'ora in poi
per le armi nucleari americane stoccate in Italia nelle basi di Aviano e Ghedi.
Una completa assenza di trasparenza. Sì, perché il Pentagono non rivelerà più i
report delle ispezioni di sicurezza sui suoi armamenti atomici. Per decenni
questo tipo di informazioni sono rimaste accessibili al pubblico e hanno
permesso di avere un minimo di controllo sulla gestione degli arsenali da parte
dei militari, per capire se venivano rispettate misure di sicurezza rigorose e
adeguate. Ora, però, con un'improvvisa inversione a U, il Pentagono ha deciso
che questi dati verranno secretati. Non sarà quindi più possibile sapere se le
bombe di Aviano e a Ghedi hanno falle di sicurezza, emerse grazie a ispezioni
ufficiali dello stesso governo americano.
La decisione arriva come un fulmine a ciel sereno dopo che per anni esperti e
giornalisti hanno potuto accedere a questo tipo di informazioni, che, ad oggi,
non hanno mai comportato un rischio, dal momento che i report non contengono di
certo dati classificati, come conferma a Repubblica il guru della segretezza,
l'americano Steven Aftergood, che guida il programma "Project on Government
Secrecy" della Federation of American Scientists di Washington. "Senza rivelare
informazioni coperte dal segreto di Stato, i rapporti delle ispezioni possono
indicare se ci sono stati problemi con il personale che maneggia gli armamenti
nucleari, se ce ne sono stati con l'equipaggiamento tecnico o con altri aspetti
dello stoccaggio delle armi", ci dice Aftergood, confermando come d'ora in poi
queste informazioni saranno completamente off limits "per effetto di una
decisione della US Air Force e del Joint Chiefs of Staff".
Il provvedimento non menziona in particolare Aviano e Ghedi, ma come spiega al
nostro giornale un esperto nucleare di livello internazionale, l'americano
Stephen Schwartz, "questo nuovo ordine riguarda ogni installazione della US Air
Force coinvolta nella gestione degli armamenti atomici. Quindi a mio avviso
include le basi militari all'estero". L'Italia è diventata la nazione con il più
alto numero di ordigni nucleari Usa stoccati sul suolo europeo: secondo i dati
della Federation of American Scientists, ad Aviano e a Ghedi sono stoccate
settanta delle centottanta bombe presenti in Europa e il nostro è l'unico paese
in Europa con due basi nucleari: quella dell'Aeronautica militare di Ghedi e
quella statunitense di Aviano (Pordenone).
Ad oggi, i report sulle ispezioni ufficiali costituiscono una delle pochissime
fonti di dati sullo stato degli arsenali e ora che si parla dell'arrivo in
Italia della nuova bomba termonucleare B61-12 per sostituire le vecchie B-61 e
andare in dotazione ai caccia F-35, l'esigenza di un controllo minimamente
efficace di questi armamenti è più cruciale che mai. Proprio martedì scorso il
tema è stato affrontato in Senato, dove sono state presentate quattro mozioni
per bloccare questo tipo di ordigni.
E' proprio grazie a un report di un'indagine interna della US Air Force che nel
2008 emersero alcune preoccupazioni per la base di Ghedi e l'inchiesta era
scattata dopo un fatto clamoroso quanto allarmante accaduto un anno prima, che
pure non vedeva coinvolta Ghedi: nel 2007, la US Air Force aveva perso il
controllo per ben trentasei ore di sei testate nucleari, che erano state
trasportate in giro per l'America, senza che i militari che ne dovevano
garantire la sicurezza si accorgessero di nulla.
"La vera ragione per cui la US Air Force agisce così e rovescia una prassi
consolidata per decenni [di rendere i rapporti delle ispezioni disponibili al
pubblico, ndr] va proprio cercata nelle notizie imbarazzanti riportate dai media
tipo quella", ci dice Stephen Schwartz, aggiungendo senza mezzi termini che
"questa non è una ragione legittima per secretare queste informazioni che prima
erano pubbliche e che non hanno in alcun modo messo a rischio la sicurezza
nucleare, anzi, probabilmente l'hanno rafforzata".
Anche Steven Aftergood sembra pensarla allo stesso modo. In una dichiarazione
all'Associated Press, che per prima ha rivelato la notizia, Aftergood ha detto:
"Tutta questa storia puzza. Agiscono come se avessero qualcosa da nascondere:
non si tratta di segreti che riguardano la sicurezza nazionale. Io credo che
questa nuova policy non distingua tra la protezione dei segreti legittimi e la
decisione di schermare l'incompetenza. E' chiaro che le informazioni
classificate che riguardano la tecnologia delle armi nucleari vadano protette,
ma negligenze ed errori non devono essere nascosti all'opinione pubblica".
Che strumenti avranno in mano le comunità locali e, più in generale, i cittadini
italiani per penetrare questo muro di segretezza che circonda Aviano e Ghedi?
"Dovrebbe essere possibile usare il Freedom of Information Act per richiedere i
report completi delle ispezioni", ci dice Schwartz,"ma sospetto che la US Air
Force opporrà resistenza al rilascio delle copie oppure apporrà ai documenti
degli
omissis così pesanti, che saranno completamente inutili". Una valutazione questa
su cui Steven Aftergood concorda: "Poiché queste informazioni sono ormai coperte
da segreto, sarà difficile, se non impossibile, ottenerle tramite il Freedom of
Information Act".
Fonte: Repubblica
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