26 luglio

 

L’opinione, di Cosimo Risi

Il golpe di una notte di mezza estate

Venti anni fa «L’indice del libro», la rivista specializzata del mondo librario, mi diede da recensire «Il sarto di Panama» (Feltrinelli, 1996), l’ultimo (allora) romanzo di John Le Carré. La richiesta era inusuale (un libro del re della spy story!), in genere recensivo la saggistica. Il direttore mi spiegò che il romanzo era inusuale, una commedia grottesca più che una spy story classica, e perciò io sembravo il lettore più adatto. Non sei un diplomatico amante delle lettere? La trama si gioca attorno ad alcune spie britanniche di stanza a Panama, che inventano il piano per un golpe per tirare su un poco di soldi e giustificare la loro permanenza sul Canale. Lo architettano così bene, il golpe, che si realizza per davvero con conseguenze tragiche e grottesche.

Ora i commentatori cercano di capire la dinamica del fallito golpe in Turchia. Un tentativo autentico o una simulazione per giustificare il contro-golpe? Per la verità dei fatti dovremo probabilmente aspettare qualcosa di simile al Rapporto Chilcot, il documento che denuncia le responsabilità britanniche nello spodestare Saddam Hussein in Iraq. La defenestrazione di Saddam, e poi quella di Qaddafi in Libia, è considerata l’atto di nascita del DAESH-ISIS.

Sullo sfondo del golpe in Turchia si staglia l’ombra del DAESH, sul seguito del golpe in Turchia si colloca il rapporto con l’Europa e la NATO. La lotta al DAESH nel quadro dell’impegno con gli alleati e l’adesione all’UE sono le pietre angolari dell’agenda internazionale di Ankara. A loro collegate sono le relazioni con la Russia, dopo l’incidente dell’aereo abbattuto, e con Israele, dopo l’incidente della nave assaltata.

Il rapporto con gli Stati Uniti pare in difficoltà. La Turchia chiede l’estradizione dell’Imam avverso al regime, gli Stati Uniti chiedono, per procedere, prove e non accuse. Il rapporto con l’UE procedeva floridamente grazie all’accordo sui migranti, adesso torna periclitante. Il solo evocare il ripristino della pena di morte significa la fine del negoziato d’adesione.
Una delle precondizioni che l’Unione pone ai Paesi candidati è che aboliscano la pena capitale dall’ordinamento. Altra precondizione è che i candidati mostrino di avere regimi democratici viabili, in cui il potere civile prevale sul potere militare, la magistratura è autonoma, la stampa è libera.

Nel giro di una notte di mezza estate le precondizioni sono state messe in discussione. Le forze armate sono uscite dalle caserme, non importa se allo scopo di ripristinare la laicità dello Stato. La repressione stinge nell’invocare la pena capitale, non importa se per assecondare un certo stato d’animo della popolazione.

Il processo di adesione imbocca un sentiero impervio. L’avvertimento che l’Alta rappresentante lancia dal Consiglio affari esteri riflette il comune sentire dell’Unione e del Consiglio d’Europa. Qualsiasi violazione dello stato di diritto per perseguire i golpisti, e fare piazza pulita degli oppositori, è dirimente per le aspirazioni europee della Turchia. L’Unione è una comunità di diritto o non è. Sul punto non si recede.

L’Unione sconta l’incertezza nel proteggere le frontiere esterne, che affida sostanzialmente alla barriera turca. La Turchia rischia il passaggio da democrazia laica a «dittatura elettorale». Molto ci sta da lavorare fra Ankara e Bruxelles, l’esito è aperto.

Fonte: Corriere del Ticino

 

21 luglio

 

Vaccini, “in Italia obblighi e costi a macchia di leopardo. Serve piano unico nazionale o il sistema non è credibile”

Rosario Cavallo, responsabile del gruppo di ricerca sulla materia dell’Associazione culturale pediatri: "La prevenzione risente della mancanza di unitarietà: i cittadini si chiedono perché sottoporre i figli a vaccinazioni ritenute non obbligatorie in altre regioni”. E in alcune parti del Paese anche quelle solo raccomandate vengono fornite gratuitamente attraverso i Lea

di Luisiana Gaita

Regole diverse da regione a regione, amministratori pubblici che ordinano provvedimenti e amplificano le differenze, genitori in preda a un sistema sanitario che permette la confusione geografica e scientifica. E, di fatto, amplifica il sospetto di favori alle lobby dei farmaci. Perché nella obbligatorietà o meno delle vaccinazioni per i bambini l’unica certezza è che finora non c’è stata certezza. Dopo la presentazione da parte del ministro Beatrice Lorenzin dei nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza) che hanno incassato il parere favorevole della Conferenza delle Regioni, arriva il Documento approvato all’unanimità dal Consiglio nazionale della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, che ha annunciato “procedimenti disciplinari per medici che sconsigliano i vaccini”. Una posizione netta quella della Federazione, con l’intento “di ricomporre la frattura tra scienza e società”. Ma finora in Italia hanno regnato i provvedimenti a macchia di leopardo, che hanno contribuito ad alimentare la confusione. “In questo modo è stata minacciata la credibilità di un sistema, con conseguenze gravi sulla prevenzione”, ha spiegato a ilfattoquotidiano.it Rosario Cavallo, responsabile del gruppo di ricerca sui vaccini dell’Associazione culturale pediatri. Secondo cui l’unica strada percorribile è quella di un piano vaccini “con le stesse regole per tutti”. Ma l’applicazione dei Lea dipende, inevitabilmente, anche dalle risorse economiche a disposizione dei territori.

IL CALO DELLA COPERTURA – L’obbligo vaccinale in Italia introdotto alla fine dell’Ottocento in Italia ha portato con il tempo a raggiungere una copertura elevata, per alcune malattie anche superiore al 95%. Vent’anni fa il cambio di rotta, con la revoca delle sanzioni per i genitori che non facevano vaccinare i proprio figli e la possibilità che questi ultimi potessero frequentare le scuole. Poi ci sono stati gli scandali, le campagne anti-vaccini, le inchieste. E il numero dei bambini vaccinati è ulteriormente calato. Di poche settimane fa l’ultimo allarme lanciato dall’Istituto Superiore di Sanità. Secondo i dati dell’istituto e del ministero della Salute, le coperture vaccinali per malattie come poliomielite, tetano, difterite ed epatite B oggi sono al di sotto del 95% (la soglia di sicurezza) e scendono sotto l’86% per morbillo, parotite e rosolia.

COSA DICE LA LEGGE ITALIANA – Le vaccinazioni obbligatorie gratuite, in Italia, sono quattro: per la difterite, la poliomielite, il tetano e l’epatite B. In realtà, però, la Società italiana di pediatria consiglia all’inizio del terzo mese la vaccinazione con l’esavalente (che è di fatto l’unica disponibile nelle Asl). Questa comprende, oltre alle quattro obbligatorie, anche quelle per la pertosse e le infezioni invasive da Haemophilus influenza. Poi ci sono le altre raccomandate: morbillo, varicella, rosolia, parotite, meningococco C, pneumococco, influenza e papillomavirus. Sono tutte a pagamento? In alcune regioni anche i vaccini raccomandati vengono forniti gratuitamente attraverso i Lea e questo ha provocato nel tempo enormi differenze da una regione all’altra del Paese. Pochi giorni fa il ministro Lorenzin ha presentato i nuovi Lea, con l’introduzione di altri vaccini (come anti-papillomavirus, anti-pneumococco, anti-meningococco) e l’estensione di alcuni di essi a nuovi destinatari. Quello per il Papillomavirus, ad esempio, verrà erogato anche agli adolescenti maschi. La Conferenza delle Regioni ha dato il proprio parere favorevole, pur chiedendo un’ulteriore valutazione di copertura finanziaria. L’approvazione dei Lea è stata abbinata a quella del nuovo piano, bloccato da mesi.

I PEDIATRI: “LE DISUGUAGLIANZE MINANO LA CREDIBILITÀ – A lanciare l’allarme sulle differenze tra una regione e l’altra è anche l’Associazione culturale pediatri che chiede da tempo l’istituzione di un sistema vaccinale unico definendo quello attuale un ‘sistema arlecchino’. “Il grave problema – spiega a ilfattoquotidiano.it Rosario Cavallo – è che in Italia esistono 22 sistemi sanitari diversi che possono differire in piccola parte in alcuni casi, ma anche in misura più rilevante”. Non senza conseguenze. “La mancanza di unitarietà – aggiunge – porta i cittadini a domandarsi perché dovrebbero sottoporre i figli a vaccinazioni ritenute non obbligatorie in altre regione”. Per Cavallo l’effetto è un “vulnus di credibilità del sistema prima ancora che legislativo”. E continua: “L’intervento da parte dell’ordine dei medici ci sembra meritorio, perché l’obiettivo è sanare una situazione compromettente dal punto di vista scientifico”. Il deficit più grave ad oggi? “La copertura media nazionale per morbillo e pertosse, vaccini entrambi mai resi obbligatori”. L’obiettivo numero uno per Cavallo è “un piano unico nazionale che faccia riferimento a un’agenzia di controllo al di sopra di ogni sospetto, che operi con la massima trasparenza”.

PUGNO DURO, MA A MACCHIA DI LEOPARDO – Tra le proposte avanzate dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici anche quelle di “prevedere l’impossibilità per i figli di frequentare la scuola durante i periodi epidemici, il divieto di iscrivere i bambini all’asilo nido, ed eventualmente l’assicurazione contro danni da mancata vaccinazione”. E proprio sulla questione dell’ingresso a scuola negli ultimi mesi ci sono state diverse polemiche a causa di provvedimenti locali che rischiano di creare ulteriori differenze tra diverse aree geografiche del Paese, oltre a quelle finora provocate dai diversi sistemi di assistenza. Un esempio è stato il divieto d’ingresso negli asili nodo dei bambini non vaccinati contenuto nella proposta di legge presentata dal governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e che dovrebbe essere introdotto dall’anno 2017-2018. Provvedimenti simili, però, si stanno valutando anche in Lombardia, Toscana e Marche.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

 

12 luglio

 

G8, per le violenze alla scuola Diaz agenti sanzionati con 47 euro dal capo della polizia

I picchiatori del G8 e il maxi sconto disciplinare del prefetto Pansa. Giallo in Cassazione: sentenze oscurate

di MARCO PREVE

A 15 anni da quel drammatico G8 del luglio 2001 una piccola breccia nel muro di omertà eretto dalle istituzioni permette di scoprire quale sanzione disciplinare sia stata comminata agli agenti e funzionari responsabili della macelleria messicana e delle false prove della scuola Diaz: 47 euro virgola 57 centesimi.

Una giornata di lavoro decurtata di contributi e altro. A dire il vero, l'assistente capo (era semplice agente nel 2001) Massimo Nucera condannato a 3 anni e cinque mesi per falso e lesioni (queste ultime prescritte) a natale del 2013 era stato condannato dal Consiglio provinciale di disciplina della polizia ad una sospensione dello stipendio di un mese.

Ma neppure un anno dopo, nel marzo del 2014, il suo ricorso veniva accolto dall'allora capo della polizia in persona, Alessandro Pansa – da pochi mesi è diventato capo dei servizi segreti italiani – che riduceva da 30 giorni a un solo giorno la sanzione.

Incredibilmente Nucera veniva ritenuto responsabile di un comportamento colposo e non doloso, il che avrebbe fatto lievitare automaticamente la pena disciplinare. Nella mite sentenza firmata da Pansa, Nucera è ritenuto responsabile di un "comportamento non conforme al decoro delle funzioni… dimostrando di non aver operato con senso di responsabilità…". Un buffetto per aver partecipato a quegli eventi che i giudici di Appello e Cassazione così hanno descritto "L'enormità di tali fatti, che hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero".

Lo stesso Pansa, per altro, un anno dopo, nel giugno del 2015, denunciava al Consiglio Superiore della Magistratura il pm del processo Diaz, Enrico Zucca, il quale in un dibattito avvenuto durante la manifestazione "Repubblica delle Idee" aveva ricordato alcuni passaggi della durissima sentenza con cui la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo aveva condannato l'Italia per i fatti della Diaz in merito all'assenza di leggi e norme finalizzate a punire la tortura e i torturatori.

Tra le ragioni della condanna quella relativa all'assenza di qualsiasi forma cautelare per sospendere dal servizio, o almeno bloccarne la carriera, pubblici funzionari anche solo indagati o sospettati di gravi violazioni come appunto quelle avvenute alla scuola Diaz o nella prigione lager di Bolzaneto.

E la vicenda Nucera ne è ancora una volta l'esempio. Quando Nucera viene giudicato dal Consiglio di disciplina (presieduto dal dirigente Lorenzo Suraci all'epoca numero due della questura di Roma) nel suo curriculum non c'è soltanto la condanna definitiva per i fatti genovesi del luglio 2001 relativa anche alla bufala della coltellata ricevuta da parte di un occupante della Diaz (Nucera consegnò il proprio giubbotto strappato ma le indagini dei carabinieri svelarono che si era auto inferto la coltellata).

Pochi anni dopo, nel 2005, a Teramo, sempre indossando al divisa del VII Reparto Mobile di Roma, finisce di nuovo nei guai. Due celerini picchiano un tifoso della squadra di basket locale e Nucera viene accusato di aver coperto i colleghi raccontando, ancora una volta, delle bugie. E' condannato per falsa testimonianza a un anno e quattro mesi ma di nuovo la prescrizione lo salva in Appello.

Questo precedente però non interferisce con il super sconto disciplinare del prefetto Pansa. Anche per una questione di equità. Infatti, per determinare la giusta sanzione, si legge nel provvedimento, è necessario tenere conto che "la situazione penale del Nucera è comparabile con altro coimputato sanzionato con pena pecuniaria di 1/30 che non giustifica la diversità delle sanzioni preposte". In altre parole altri poliziotti condannati per la Diaz hanno ricevuto sanzioni disciplinari minime. Chi? Forse tra altri 15 anni lo sapremo.

Sul tema della tortura da segnalare che il 15 luglio a Genova si terrà un importante convegno in cui per la prima volta in 15 anni si confronteranno un esponente del Governo - il sottosegretario alal Giustizia Gennaro Migliore - e una delle vititme del G8,

il giornalista Lorenzo Guadagnucci che venne picchiato alla Diaz e rinchiuso a Bolzaneto.

E che la ferita del 2001 sia ancora aperta lo dimostra ancheil giallo della Cassazione dove le sentenze Diaz e Bolzaneto sono state misteriosamente oscurate per poi ricomparire altrettanto inspiegabilmente seppur con i nomi delle vittime cancellati.

Fonte: Repubblica

 

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