Venti anni fa «L’indice del libro», la rivista
specializzata del mondo librario, mi diede da recensire «Il sarto di Panama»
(Feltrinelli, 1996), l’ultimo (allora) romanzo di John Le Carré. La richiesta
era inusuale (un libro del re della spy story!), in genere recensivo la
saggistica. Il direttore mi spiegò che il romanzo era inusuale, una commedia
grottesca più che una spy story classica, e perciò io sembravo il lettore più
adatto. Non sei un diplomatico amante delle lettere? La trama si gioca attorno
ad alcune spie britanniche di stanza a Panama, che inventano il piano per un
golpe per tirare su un poco di soldi e giustificare la loro permanenza sul
Canale. Lo architettano così bene, il golpe, che si realizza per davvero con
conseguenze tragiche e grottesche.
Ora i commentatori cercano di capire la dinamica del fallito golpe in Turchia.
Un tentativo autentico o una simulazione per giustificare il contro-golpe? Per
la verità dei fatti dovremo probabilmente aspettare qualcosa di simile al
Rapporto Chilcot, il documento che denuncia le responsabilità britanniche nello
spodestare Saddam Hussein in Iraq. La defenestrazione di Saddam, e poi quella di
Qaddafi in Libia, è considerata l’atto di nascita del DAESH-ISIS.
Sullo sfondo del golpe in Turchia si staglia l’ombra del DAESH, sul seguito del
golpe in Turchia si colloca il rapporto con l’Europa e la NATO. La lotta al
DAESH nel quadro dell’impegno con gli alleati e l’adesione all’UE sono le pietre
angolari dell’agenda internazionale di Ankara. A loro collegate sono le
relazioni con la Russia, dopo l’incidente dell’aereo abbattuto, e con Israele,
dopo l’incidente della nave assaltata.
Il rapporto con gli Stati Uniti pare in difficoltà. La Turchia chiede
l’estradizione dell’Imam avverso al regime, gli Stati Uniti chiedono, per
procedere, prove e non accuse. Il rapporto con l’UE procedeva floridamente
grazie all’accordo sui migranti, adesso torna periclitante. Il solo evocare il
ripristino della pena di morte significa la fine del negoziato d’adesione.
Una delle precondizioni che l’Unione pone ai Paesi candidati è che aboliscano la
pena capitale dall’ordinamento. Altra precondizione è che i candidati mostrino
di avere regimi democratici viabili, in cui il potere civile prevale sul potere
militare, la magistratura è autonoma, la stampa è libera.
Nel giro di una notte di mezza estate le precondizioni sono state messe in
discussione. Le forze armate sono uscite dalle caserme, non importa se allo
scopo di ripristinare la laicità dello Stato. La repressione stinge
nell’invocare la pena capitale, non importa se per assecondare un certo stato
d’animo della popolazione.
Il processo di adesione imbocca un sentiero impervio. L’avvertimento che l’Alta
rappresentante lancia dal Consiglio affari esteri riflette il comune sentire
dell’Unione e del Consiglio d’Europa. Qualsiasi violazione dello stato di
diritto per perseguire i golpisti, e fare piazza pulita degli oppositori, è
dirimente per le aspirazioni europee della Turchia. L’Unione è una comunità di
diritto o non è. Sul punto non si recede.
L’Unione sconta l’incertezza nel proteggere le frontiere esterne, che affida
sostanzialmente alla barriera turca. La Turchia rischia il passaggio da
democrazia laica a «dittatura elettorale». Molto ci sta da lavorare fra Ankara e
Bruxelles, l’esito è aperto.
Fonte: Corriere del Ticino
21
luglio
Vaccini, “in Italia obblighi
e costi a macchia di leopardo. Serve piano unico nazionale o il sistema non è
credibile”
Rosario Cavallo, responsabile del gruppo di
ricerca sulla materia dell’Associazione culturale pediatri: "La prevenzione
risente della mancanza di unitarietà: i cittadini si chiedono perché sottoporre
i figli a vaccinazioni ritenute non obbligatorie in altre regioni”. E in alcune
parti del Paese anche quelle solo raccomandate vengono fornite gratuitamente
attraverso i Lea
di Luisiana Gaita
Regole diverse da regione a regione,
amministratori pubblici che ordinano provvedimenti e amplificano le differenze,
genitori in preda a un sistema sanitario che permette la confusione geografica e
scientifica. E, di fatto, amplifica il sospetto di favori alle lobby dei
farmaci. Perché nella obbligatorietà o meno delle vaccinazioni per i bambini
l’unica certezza è che finora non c’è stata certezza. Dopo la presentazione da
parte del ministro Beatrice Lorenzin dei nuovi Lea (Livelli essenziali di
assistenza) che hanno incassato il parere favorevole della Conferenza delle
Regioni, arriva il Documento approvato all’unanimità dal Consiglio nazionale
della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, che ha annunciato
“procedimenti disciplinari per medici che sconsigliano i vaccini”. Una posizione
netta quella della Federazione, con l’intento “di ricomporre la frattura tra
scienza e società”. Ma finora in Italia hanno regnato i provvedimenti a macchia
di leopardo, che hanno contribuito ad alimentare la confusione. “In questo modo
è stata minacciata la credibilità di un sistema, con conseguenze gravi sulla
prevenzione”, ha spiegato a ilfattoquotidiano.it Rosario Cavallo, responsabile
del gruppo di ricerca sui vaccini dell’Associazione culturale pediatri. Secondo
cui l’unica strada percorribile è quella di un piano vaccini “con le stesse
regole per tutti”. Ma l’applicazione dei Lea dipende, inevitabilmente, anche
dalle risorse economiche a disposizione dei territori.
IL CALO DELLA COPERTURA – L’obbligo vaccinale in Italia introdotto alla fine
dell’Ottocento in Italia ha portato con il tempo a raggiungere una copertura
elevata, per alcune malattie anche superiore al 95%. Vent’anni fa il cambio di
rotta, con la revoca delle sanzioni per i genitori che non facevano vaccinare i
proprio figli e la possibilità che questi ultimi potessero frequentare le
scuole. Poi ci sono stati gli scandali, le campagne anti-vaccini, le inchieste.
E il numero dei bambini vaccinati è ulteriormente calato. Di poche settimane fa
l’ultimo allarme lanciato dall’Istituto Superiore di Sanità. Secondo i dati
dell’istituto e del ministero della Salute, le coperture vaccinali per malattie
come poliomielite, tetano, difterite ed epatite B oggi sono al di sotto del 95%
(la soglia di sicurezza) e scendono sotto l’86% per morbillo, parotite e
rosolia.
COSA DICE LA LEGGE ITALIANA – Le vaccinazioni obbligatorie gratuite, in Italia,
sono quattro: per la difterite, la poliomielite, il tetano e l’epatite B. In
realtà, però, la Società italiana di pediatria consiglia all’inizio del terzo
mese la vaccinazione con l’esavalente (che è di fatto l’unica disponibile nelle
Asl). Questa comprende, oltre alle quattro obbligatorie, anche quelle per la
pertosse e le infezioni invasive da Haemophilus influenza. Poi ci sono le altre
raccomandate: morbillo, varicella, rosolia, parotite, meningococco C,
pneumococco, influenza e papillomavirus. Sono tutte a pagamento? In alcune
regioni anche i vaccini raccomandati vengono forniti gratuitamente attraverso i
Lea e questo ha provocato nel tempo enormi differenze da una regione all’altra
del Paese. Pochi giorni fa il ministro Lorenzin ha presentato i nuovi Lea, con
l’introduzione di altri vaccini (come anti-papillomavirus, anti-pneumococco,
anti-meningococco) e l’estensione di alcuni di essi a nuovi destinatari. Quello
per il Papillomavirus, ad esempio, verrà erogato anche agli adolescenti maschi.
La Conferenza delle Regioni ha dato il proprio parere favorevole, pur chiedendo
un’ulteriore valutazione di copertura finanziaria. L’approvazione dei Lea è
stata abbinata a quella del nuovo piano, bloccato da mesi.
I PEDIATRI: “LE DISUGUAGLIANZE MINANO LA CREDIBILITÀ – A lanciare l’allarme
sulle differenze tra una regione e l’altra è anche l’Associazione culturale
pediatri che chiede da tempo l’istituzione di un sistema vaccinale unico
definendo quello attuale un ‘sistema arlecchino’. “Il grave problema – spiega a
ilfattoquotidiano.it Rosario Cavallo – è che in Italia esistono 22 sistemi
sanitari diversi che possono differire in piccola parte in alcuni casi, ma anche
in misura più rilevante”. Non senza conseguenze. “La mancanza di unitarietà –
aggiunge – porta i cittadini a domandarsi perché dovrebbero sottoporre i figli a
vaccinazioni ritenute non obbligatorie in altre regione”. Per Cavallo l’effetto
è un “vulnus di credibilità del sistema prima ancora che legislativo”. E
continua: “L’intervento da parte dell’ordine dei medici ci sembra meritorio,
perché l’obiettivo è sanare una situazione compromettente dal punto di vista
scientifico”. Il deficit più grave ad oggi? “La copertura media nazionale per
morbillo e pertosse, vaccini entrambi mai resi obbligatori”. L’obiettivo numero
uno per Cavallo è “un piano unico nazionale che faccia riferimento a un’agenzia
di controllo al di sopra di ogni sospetto, che operi con la massima
trasparenza”.
PUGNO DURO, MA A MACCHIA DI LEOPARDO – Tra le proposte avanzate dalla
Federazione nazionale degli Ordini dei medici anche quelle di “prevedere
l’impossibilità per i figli di frequentare la scuola durante i periodi
epidemici, il divieto di iscrivere i bambini all’asilo nido, ed eventualmente
l’assicurazione contro danni da mancata vaccinazione”. E proprio sulla questione
dell’ingresso a scuola negli ultimi mesi ci sono state diverse polemiche a causa
di provvedimenti locali che rischiano di creare ulteriori differenze tra diverse
aree geografiche del Paese, oltre a quelle finora provocate dai diversi sistemi
di assistenza. Un esempio è stato il divieto d’ingresso negli asili nodo dei
bambini non vaccinati contenuto nella proposta di legge presentata dal
governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e che dovrebbe essere
introdotto dall’anno 2017-2018. Provvedimenti simili, però, si stanno valutando
anche in Lombardia, Toscana e Marche.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
12
luglio
G8, per le violenze alla
scuola Diaz agenti sanzionati con 47 euro dal capo della polizia
I picchiatori del G8 e il maxi sconto
disciplinare del prefetto Pansa. Giallo in Cassazione: sentenze oscurate
di
MARCO PREVE
A 15 anni da quel drammatico G8 del luglio 2001
una piccola breccia nel muro di omertà eretto dalle istituzioni permette di
scoprire quale sanzione disciplinare sia stata comminata agli agenti e
funzionari responsabili della macelleria messicana e delle false prove della
scuola Diaz: 47 euro virgola 57 centesimi.
Una giornata di lavoro decurtata di contributi e altro. A dire il vero,
l'assistente capo (era semplice agente nel 2001) Massimo Nucera condannato a 3
anni e cinque mesi per falso e lesioni (queste ultime prescritte) a natale del
2013 era stato condannato dal Consiglio provinciale di disciplina della polizia
ad una sospensione dello stipendio di un mese.
Ma neppure un anno dopo, nel marzo del 2014, il suo ricorso veniva accolto
dall'allora capo della polizia in persona, Alessandro Pansa – da pochi mesi è
diventato capo dei servizi segreti italiani – che riduceva da 30 giorni a un
solo giorno la sanzione.
Incredibilmente Nucera veniva ritenuto responsabile di un comportamento colposo
e non doloso, il che avrebbe fatto lievitare automaticamente la pena
disciplinare. Nella mite sentenza firmata da Pansa, Nucera è ritenuto
responsabile di un "comportamento non conforme al decoro delle funzioni…
dimostrando di non aver operato con senso di responsabilità…". Un buffetto per
aver partecipato a quegli eventi che i giudici di Appello e Cassazione così
hanno descritto "L'enormità di tali fatti, che hanno gettato discredito sulla
Nazione agli occhi del mondo intero".
Lo stesso Pansa, per altro, un anno dopo, nel giugno del 2015, denunciava al
Consiglio Superiore della Magistratura il pm del processo Diaz, Enrico Zucca, il
quale in un dibattito avvenuto durante la manifestazione "Repubblica delle Idee"
aveva ricordato alcuni passaggi della durissima sentenza con cui la Corte
Europea dei Diritti dell'Uomo aveva condannato l'Italia per i fatti della Diaz
in merito all'assenza di leggi e norme finalizzate a punire la tortura e i
torturatori.
Tra le ragioni della condanna quella relativa all'assenza di qualsiasi forma
cautelare per sospendere dal servizio, o almeno bloccarne la carriera, pubblici
funzionari anche solo indagati o sospettati di gravi violazioni come appunto
quelle avvenute alla scuola Diaz o nella prigione lager di Bolzaneto.
E la vicenda Nucera ne è ancora una volta l'esempio. Quando Nucera viene
giudicato dal Consiglio di disciplina (presieduto dal dirigente Lorenzo Suraci
all'epoca numero due della questura di Roma) nel suo curriculum non c'è soltanto
la condanna definitiva per i fatti genovesi del luglio 2001 relativa anche alla
bufala della coltellata ricevuta da parte di un occupante della Diaz (Nucera
consegnò il proprio giubbotto strappato ma le indagini dei carabinieri svelarono
che si era auto inferto la coltellata).
Pochi anni dopo, nel 2005, a Teramo, sempre indossando al divisa del VII Reparto
Mobile di Roma, finisce di nuovo nei guai. Due celerini picchiano un tifoso
della squadra di basket locale e Nucera viene accusato di aver coperto i
colleghi raccontando, ancora una volta, delle bugie. E' condannato per falsa
testimonianza a un anno e quattro mesi ma di nuovo la prescrizione lo salva in
Appello.
Questo precedente però non interferisce con il super sconto disciplinare del
prefetto Pansa. Anche per una questione di equità. Infatti, per determinare la
giusta sanzione, si legge nel provvedimento, è necessario tenere conto che "la
situazione penale del Nucera è comparabile con altro coimputato sanzionato con
pena pecuniaria di 1/30 che non giustifica la diversità delle sanzioni
preposte". In altre parole altri poliziotti condannati per la Diaz hanno
ricevuto sanzioni disciplinari minime. Chi? Forse tra altri 15 anni lo sapremo.
Sul tema della tortura da segnalare che il 15 luglio a Genova si terrà un
importante convegno in cui per la prima volta in 15 anni si confronteranno un
esponente del Governo - il sottosegretario alal Giustizia Gennaro Migliore - e
una delle vititme del G8,
il giornalista Lorenzo Guadagnucci che venne picchiato alla Diaz e rinchiuso a
Bolzaneto.
E che la ferita del 2001 sia ancora aperta lo dimostra ancheil giallo della
Cassazione dove le sentenze Diaz e Bolzaneto sono state misteriosamente oscurate
per poi ricomparire altrettanto inspiegabilmente seppur con i nomi delle vittime
cancellati.