28 gennaio

 

Google, evasione fiscale in Italia: “Verso un accordo per 150 milioni di euro”

Le Fiamme gialle stanno per definire il verbale che sarà poi trasmesso all’ Agenzia delle entrate la quale deciderà quale sarà la somma definitiva che il motore di ricerca dovrà versare. Sono invece 300 i milioni di euro evasi dal colosso dal 2008 al 2013 che hanno spinto la Procura di Milano ad aprire un'inchiesta penale nei confronti del gigante di Internet

La Procura di Milano e la Guardia di Finanza si apprestano a presentare il conto al colosso statunitense Google. L’accordo, non ancora concluso, prevede la restituzione di oltre 150 milioni di euro di tasse al governo italiano. La somma corrisponde al 15 % delle entrate del motore di ricerca di Montain View in Italia, che ammontano a circa un miliardo di euro. Sono invece 300 i milioni di euro evasi da Google dal 2008 al 2013, come riporta il quotidiano La Repubblica, che hanno spinto il dipartimento guidato dal procuratore aggiunto Francesco Greco ad aprire un’inchiesta penale per frode fiscale nei confronti del gigante di Internet.

Le Fiamme gialle stanno per definire il verbale che sarà poi trasmesso all’ Agenzia delle entrate la quale deciderà quale sarà la somma definitiva che Google dovrà versare. La questione però è tutt’altro che chiusa: l’atto formale della Guardia di Finanza è solo il calcio d’inizio di una partita destinata a durare per un po’. Si parirà adesso il contenzioso penale, affiancato da quello amministrativo: “Se Google deciderà di chiudere la partita, potrebbe ‘accontentarsi‘ di versare una cifra che si aggira tra i 220 e i 270 milioni” riporta Repubblica, “altrimenti, il contenzioso potrebbe anche concludersi con un conto finale decisamente superiore, caricato di penali e una cifra sostanziosa di interessi”.

L’accordo italiano è stato invece elogiato da Londra: il The Times mercoledì ha dedicato la prima pagina alla posizione italiana nei confronti del motore di ricerca statunitense titolando: “L’Italia dimostra all’Inghilterra come essere duri con Google”. Il quotidiano della City al contrario ha definito l’accordo di Google con il governo inglese “una resa fiscale“. Nel Regno Unito il colosso del web ha versato 130 milioni di sterline, ovvero 170 milioni di euro, nonostante il mercato britannico sia molto più esteso. Col risultato che l’aliquota pagata da Google a Londra è di circa il 3%. Da parte sua l’azienda ha replicato che “rispetta le normative fiscali in tutti i Paesi in cui opera” e che continuerà “a lavorare con le autorità compententi“. Per l’Italia si tratta del secondo accordo con un colosso americano: a dicembre dello scorso anno è toccato ad Apple restituire 318 milioni di euro al fisco italiano per l’omessa dichiarazione dei redditi dal 2008 al 2013.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

 

Evasione, Eurispes: ‘Fenomeno di massa. Sommerso è 540 miliardi, un terzo del Pil’

L'istituto di ricerca indica come categorie più spesso senza contratto baby sitter, insegnanti di ripetizione, collaboratori domestici e badanti

Al Pil ufficiale di circa 1.500 miliardi di euro, si affianca un Pil sommerso equivalente a circa un terzo, ovvero ad almeno 540 miliardi. E’ la stima contenuta nel rapporto 2016 dell’Eurispes, che alle due cifre aggiunge anche oltre 200 miliardi di economia criminale. Ai circa 540 miliardi di sommerso corrisponderebbero, considerando una tassazione del 50%, 270 miliardi di evasione. Il dato sul sommerso è molto più alto di tutti gli studi recenti: sia l’Istat sia altri istituti di ricerca (come l’associazione Bruno Trentin) valutava l’economia “sconosciuta” sui 250 miliardi circa, quindi “riducendola” a circa il 17-18 per cento.
“Siamo tutti evasori? Probabilmente sì” scrive l’Eurispes. L’istituto di ricerca parla di sommerso ed evasione fiscale come veri e propri fenomeni di massa, in cui trova terreno fertile il lavoro nero. Secondo gli italiani, rileva il rapporto, le categorie che più spesso lavorano senza contratto sono le baby sitter (indicate nell’80% dei casi), gli insegnanti di ripetizione (78,7%) e i collaboratori domestici (72,5%). Seguono badanti, giardinieri, muratori, idraulici, elettricisti, falegnami e, con una percentuale del 50%, i medici specialisti. Nel corso del 2015, secondo l’Eurispes, ha accettato un lavoro senza contratto il 28,1% degli intervistati, contro il 18,6% dell’anno precedente. 
Importanti segnali di miglioramento nell’ultimo anno per la situazione economica delle famiglie. Secondo Eurispes, nel 2016 raddoppia la percentuale di quanti ritengono la situazione economica dell’Italia sia rimasta stabile nell’ultimo anno (dal 14,6% al 30,3%) e si dimezza quella di chi pensa ci sia stato un netto peggioramento (dal 58,4% al 23,3%). In aumento gli ottimisti: dall’1,5% del 2015 al 16,2% del 2016. Il 14,7% (+10,1% rispetto al 2015), è convinto che la situazione per il paese andrà migliorando nel 2016, mentre chi prevede un peggioramento scende dal 55,7% del 2015 al 27,3% del 2016. La gestione della quotidianità diventa meno critica: il 27,3% non riesce con le proprie entrate ad arrivare alla fine del mese (-19,9% rispetto al 2015). Il 44,5% (-18,3% rispetto al 2015) riferisce che la propria famiglia è costretta a utilizzare i risparmi per arrivare a fine mese.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

 

21 gennaio

 

Un nuovo carico di bombe per l’Arabia Saudita: Rete Disarmo annuncia mobilitazioni

Sabato scorso dall’aeroporto di Cagliari Elmas è partito un nuovo carico di bombe per rifornire l’aviazione saudita che da nove mesi sta bombardando lo Yemen senza alcun mandato internazionale. Rete italiana per il Disarmo, nel rinnovare l’appello al Governo a sospendere queste forniture, annuncia mobilitazioni per le prossime settimane al fine di ottenere un'applicazione rigorosa e trasparente della legge 185 del 1990 che regolamenta questa materia.

E’ inammissibile che dall’Italia continuino le spedizioni di bombe aeree per l’aviazione saudita che da nove mesi sta bombardando lo Yemen senza alcun mandato internazionale causando migliaia di vittime anche tra i civili e tra i bambini e in aperta violazione del diritto internazionale umanitario. Considerate le ingenti forniture avvenute in questi mesi non è nemmeno più pensabile che si tratti di autorizzazioni rilasciate negli anni scorsi, ma è molto probabile che si tratti di nuove licenze all’esportazione rilasciate dall’attuale Governo Renzi. Per questo nel rinnovare il nostro appello al Governo a sospendere queste forniture e al Parlamento a presentare interrogazioni urgenti, annunciamo che nelle prossime settimane inizieranno da parte delle organizzazioni della nostra Rete diverse mobilitazioni ed iniziative per ottenere applicazione rigorosa e trasparente della legge 185/90 sulle esportazioni di materiali militari.

Bombe Arabia Saudita SilkWay Cagliari E’ questa la posizione della Rete italiana per il disarmo, network che raggruppa una trentina di associazioni della società civile, che in questi mesi ha ripetutamente domandato di poter incontrare i rappresentanti del Governo italiano per chiedere chiarificazioni in merito. 

Finora le risposte giunte dall’Esecutivo sono state evasive (come quelle del Ministro Gentiloni in Parlamento [http://webtv.camera.it/archivio?legislatura=17&seduta=530&intervento=416140] e del sottosegretario Della Vedova a una interrogazione urgente [http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0536&tipo=stenografico#sed0536.stenografico.tit00030.sub00020]) e contraddittorie (come le parole della ministro Pinotti secondo cui "l'Italia non vende bombe ai sauditi"). 

Sabato scorso dall’aeroporto di Cagliari Elmas è infatti partito un nuovo carico di bombe per rifornire l’aviazione saudita. Ne ha dato notizia [http://www.sardegnalive.net/it/news/un-nuovo-carico-di-bombe-e-partito-dalla-sardegna] il deputato sardo Mauro Pili (Gruppo Misto - Unidos) evidenziando che, a differenza delle precedenti spedizioni, l’operazione di imbarco su un cargo Boeing 747 della compagnia azera Silk Way è avvenuta “in modo più furtivo in un lato estremo della pista”. Il cargo è atterrato alla base della Royal Saudi Air Force di Taif, non lontano dalla Mecca.

Si tratta della quinta spedizione di bombe aeree autorizzata dal governo italiano nel giro di pochi mesi: le prime due, a partire dall’ottobre scorso, sono avvenute via aereo cargo (si veda qui [http://www.unionesarda.it/articolo/cronaca/2015/10/29/aeroporto_di_elmas_tonnellate_di_bombe_in_partenza_per_l_arabia_s-68-442492.html] e qui [http://lanuovasardegna.gelocal.it/cagliari/foto-e-video/2015/11/19/fotogalleria/elmas-una-barriera-di-mezzi-per-nascondere-le-bombe-caricate-sull-aereo-1.12472758#1]), altre due sono state effettuate imbarcando le bombe ai porti di Olbia [http://lanuovasardegna.gelocal.it/regione/2015/11/22/news/altre-mille-bombe-per-l-arabia-saudita-imbarcate-al-porto-di-olbia-1.12489836] e Cagliari [http://lanuovasardegna.gelocal.it/regione/2015/12/14/news/un-altro-carico-di-bombe-dall-isola-all-arabia-saudita-1.12618092]). Le bombe sono prodotte dalla RWM Italia [http://www.aiad.it/it/scheda_azienda.wp?contentId=SCH11106], azienda tedesca del gruppo Rheinmetall [http://www.rheinmetall-defence.com/en/rheinmetall_defence/company/divisions_and_subsidiaries/rwm_italia/index.php] con sede legale a Ghedi (Brescia) e stabilimento a Domunovas (Carbonia-Igliesias) in Sardegna.

Spedizioni numerose e ripetute che si spiegano solo con la necessità da parte dell’Arabia Saudita di urgenti forniture di bombe aeree da impiegare nei bombardamenti in Yemen: il 26 marzo scorso l’Arabia Saudita si è posta alla guida di una coalizione (ne fanno parte anche Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Kuwait, Qatar e Egitto) che è intervenuta militarmente nel conflitto in corso in Yemen senza richiedere alcun mandato e senza ricevere alcuna legittimazione da parte delle Nazioni Unite.

Dopo dieci mesi di ostilità la situazione in Yemen è tragica: le agenzie dell’Onu riportano più di seimila morti di cui circa la metà tra la popolazione civile (di cui 700 bambini [http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=52985#.VpvUcZrhDUJ]), oltre 20mila feriti, milioni di sfollati, più metà della popolazione ridotta alla fame e definiscono la situazione come una “catastrofe umanitaria [http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=51327]” senza precedenti. Non solo. Le agenzie dell’Onu hanno ripetutamente stigmatizzato gli “attacchi sproporzionati di zone densamente popolate” da parte delle forze aeree della coalizione saudita e lo stesso Segretario generale dell’Onu, Ban Ki moon, ha esplicitamente condannato [http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=52389&Cr=Yemen&Cr1=#.VpKYObbhDUJ] i bombardamenti aerei sauditi su diversi ospedali e strutture sanitarie mentre l’Alto rappresentante per i diritti umani, Zeid Ra'ad Al Hussein, ha inviato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu un rapporto che documenta “fondate accuse di violazioni del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani” di tutte le parti attive nel conflitto.

Anche Amnesty International ha ripetutamente chiesto (in comunicati congiunti con la nostra Rete) alle Nazioni Unite di aprire un'inchiesta sui possibili "crimini di guerra [http://www.amnesty.it/Conflitto-in-Yemen-Italia-sospenda-invio-di-bombe-e-sistemi-militari-alla-coalizione-guidata-da-Arabia-Saudita]" attuati da tutte le parti in conflitto e ha lanciato un appello [http://appelli.amnesty.it/conflitto-yemen/] in cui chiede di sospendere tutte le forniture militari. 

Nei giorni scorsi Ban Ki-moon ha ripetuto il suo appello [http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=52966#.Vpzl_5rhDUJ] a tutte le parti al “cessate il fuoco”. E per tutta risposta dall’Italia è partito un nuovo carico con migliaia di bombe.

La Legge italiana (n. 185 del 1990) vieta espressamente non solo l’esportazione, ma anche il solo transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento “verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere”. (art. 1.c 6a) e “verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione” (art.1.c 6b).

Fonte: Rete Italiana per il Disarmo

 

14 gennaio

 

 

12 gennaio

 

Non sarà la notte di Colonia ad allungare gli orli delle nostre gonne

Di Deborah Dirani

Gira che ti rigira va sempre a finire così: se un uomo si allarga con una donna, lei se l'è un po' cercata perché, diversamente, chi mai si sognerebbe di molestarla, palpeggiarla o stuprarla se lei, in qualche misura non gli avesse dato corda?

Henriette Rekker, sindaco di Colonia, donna e pure scampata a un'aggressione quasi mortale, all'indomani della notte dei cristalli delle femmine tedesche (europee, occidentali) ha avuto la mirabile idea di ribadire, anche se indirettamente, questo arcaico stereotipo con una sorta di decalogo di comportamento antistupro. Come dire: visto che la polizia non ci può far niente, sarà bene che vi arrangiate da sole e non vi mettiate nelle condizioni di incrociare un delinquente. Straniero, anzi maghrebino, arabo, musulmano. 

Nel decalogo che presto verrà messo a disposizione delle cittadine di Colonia, sono raggruppate quelle norme di comportamento con cui normalmente ogni madre tortura il proprio figlio (maschio o femmina che sia), tipo: "Non girare da solo in zone buie e pericolose". Che non è che ci voglia una laurea in sociologia per capirlo, se te ne vai a zonzo dove di solito ci si prende a bottigliate in faccia, rischi di rimediarne una pure tu. Ok, sarebbe molto bello che al mondo nessuno si prendesse a bottigliate e tutti potessimo essere liberi di andare un po' dove ci pare, ma così non è e non serve un sindaco struzzo che nasconde la sua bionda testolina di politica sotto la sabbia per ricordarcelo. 

Non serve nemmeno, questa bionda testolina, a ribadire un messaggio razzista quel tanto da non far indignare gli anti razzisti: "Non assumere in pubblico atteggiamenti che possano essere fraintesi da persone di culture altre". Ora, io vorrei sapere quali sono questi atteggiamenti? Ho la vaga idea, comunque, che tra questi atteggiamenti siano contemplati l'allegria, le risate, il prendersi una sbornia per festeggiare con le amiche un esame superato o un aumento di stipendio, per non parlare dell'orlo della gonna e delle scollature della camicetta. Perché si sa (povere noi) che se ce ne andiamo in giro con la coscia al vento poi non è che possiamo lamentarci se un mezzomaschio altrimenti impotente si sente autorizzato a infilarci la mano tra le gambe. Eh no: ce la siamo andata a cercare. Abbiamo solleticato la frustrata libidine di qualcuno: nella fattispecie di un arabo che, per come adesso ce la vogliono raccontare, si sentirà autorizzato a sbatterci su un marciapiede dal momento che andiamo a spasso a capo e coscia scoperti. 

Ma per favore! L'aggressione alle donne di Colonia è un attentato alla civiltà occidentale esattamente come lo sono stati quelli di Charlie Hebdo e del 13 novembre a Parigi, come l'11 settembre e la stazione di Atocha a Madrid. È un'azione di guerriglia che non fa morti ma lascia sul campo un tappeto di feriti che, quando si rialzeranno, si sentiranno vulnerabili e impauriti: pronti a saltare alla gola del primo "nemico" di passaggio. Se il nemico, poi, è facilmente individuabile dal colore della pelle e dalla lingua in cui recita le sue preghiere è davvero un attimo far scoppiare la bomba della guerra tra razze. 

Quello che è accaduto a Colonia è il segno dell'inadeguatezza delle forze di polizia e della politica che le amministra: i primi a finire in manette per le aggressioni alle donne tedesche sono ragazzi di una gang sulla quale da un anno e mezzo è aperto un fascicolo di indagine. E del resto anche i responsabili degli attentati in Francia dell'ultimo anno non erano degli immacolati cittadini sconosciuti agli inquirenti: erano tutti ben noti, segnalati e controllati. Quindi, perfavore, non venite a fare per l'ennesima volta a noi donne la paternale veteromaschilista dell'allunga l'orlo e gira a occhi bassi. Perché noi gli orli li accorciamo e allunghiamo un po' come ci pare e gli occhi li usiamo per guardarci intorno e scoprire il mondo. Perché non è riducendo le nostre libertà che vivremo più sicure a casa nostra. È educando al rispetto e punendo chi non ce lo porta che la nostra società potrà compiere un saltello oltre la fossa in cui pare essere di nuovo crollata. È educando gli uomini (chiunque essi siano, qualunque dio preghino, qualunque lingua parlino) che si salvano le donne.

Fonte: Huffington Post

 

Banche, l’inutile commissione d’inchiesta

Di Bruno Tinti

In politica possono prosperare solo organismi specializzati. Occorrono doti specifiche, la più importante delle quali è la doppiezza e l’assenza di scrupoli. Le Commissioni di inchiesta parlamentari ne sono la prova.

L’art 82 Cost. le prevede e ne stabilisce la composizione: i componenti devono “rispecchiare la proporzione dei vari gruppi”. Dal che già si capisce che la funzione di una Commissione non è accertare il reale svolgimento dei fatti ma quella di fornire informazioni alle Camere per consentirne la valutazione politica: un giudice composto da rappresentanti dei partiti in misura proporzionale alla loro presenza in Parlamento non può essere né autonomo né imparziale; dunque non può essere un giudice. Questa interpretazione dell’art. 82 Cost. è del resto avvalorata dallo stesso Parlamento. Nella scheda relativa all’istituzione di una Commissione di inchiesta sul trattamento dei migranti, redatta dal Servizio Studi della Camera, si legge infatti che “il compito delle Commissioni non è di giudicare ma solo di raccogliere notizie e dati necessari per l’esercizio delle funzioni delle Camere”. Siccome questa argomentazione è stata imposta con sentenza della Corte costituzionale 26/2008 (Ilaria Alpi), resta il dubbio di quale sarebbe stato il parere del suddetto Servizio Studi in mancanza di detta sentenza; ma tant’è, per fortuna la sentenza c’è stata.

Tornando all’evoluzione della specie, Costituzione, Corte costituzionale e Servizio Studi della Camera dei deputati non hanno impedito, per esempio, alla Commissione Telekom Serbia di partorire uno schizofrenico provvedimento nel quale, nella premessa – attribuibile al suo Presidente on. Trantino – si dice espressamente che è stata raggiunta la prova che Prodi, Dini e Fassino hanno percepito tangenti; e nella parte motiva – redatta da un magistrato consulente della Commissione – che non è stata raggiunta alcuna prova che questi avessero percepito tangenti. Al di là di un’incoerenza che bene dimostra l’intento politico di quella Commissione, sta di fatto che questa se ne infischiò sovranamente del suo specifico compito, fornire notizie al Parlamento per l’esercizio dell’attività politica.

È ovvio che tutto ciò sarà puntualmente confermato dall’ultimo trucchetto sulle banche decotte, la Commissione di inchiesta per la tutela dei risparmiatori, la vigilanza sul sistema bancario e l’attività di gestione delle banche. I componenti della Commissione sono portatori di interessi specifici e tra loro opposti. Li ha illustrati benissimo Huffington Post: “Una parte dei commissari andrà alla caccia della famiglia Boschi e cercherà di coinvolgere in qualche modo il padre di Renzi, Renzi stesso, suoi parenti sparsi per la Toscana. Dall’altra parte si cercherà di radere al suolo Banca d’Italia e Consob. Altri punteranno contro il governo, dal presidente del Consiglio al ministro del Tesoro”. Aggiungo io, il Pd spiegherà perché quello che è successo era inevitabile, che è colpa dei precedenti governi e che tutto sarà messo a posto nel prossimo futuro. La mozione di sfiducia contro Maria Elena Boschi sta lì a dimostrare come finirà.

Perché lo fanno? Perché si sono evoluti così. Come le iguane delle Galapagos pensano che l’universo sia uguale all’ambiente in cui vivono, così i politici – tutti – pensano che i cittadini siano come loro. Un “verdetto” (mah, troppo onore, almeno negli Usa c’è una giuria, non un plotone di esecuzione) di una Commissione di Inchiesta, spacciata per organo autonomo e indipendente (ma i cittadini sanno leggere la Costituzione), sarà sufficiente, secondo loro, a legittimare la maskirovka (camuffamento, l’ho imparato dai romanzi di Le Carré) sulla vera storia delle banche decotte. Che sarà rivelata dalla magistratura imparziale, purtroppo con tempi lunghi, ma che si capisce fin da ora: intreccio (e conflitto) di interessi tra gli animali delle Galapagos e i loro simili, emigrati nel mondo degli umani.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

 

7 gennaio

 

Lavoro, Istat: “A novembre disoccupazione all’11,3%, il minimo dal 2012. Occupati stabili su di 40mila unità”

I lavoratori con contratti a tempo indeterminato sono passati dai 14,4 milioni di novembre 2014 a 14,58 milioni. In calo di 32mila unità, rispetto a ottobre, i contratti a termine. Anche la disoccupazione giovanile è diminuita fermandosi al 38,1%, 1,2 punti in meno rispetto a ottobre. Stabili gli inattivi: il tasso è invariato al 36,3%. Per Renzi "Dimostrazione che Jobs Act funziona"

Su gli occupati, disoccupazione ai minimi da tre anni e una percentuale di inattivi che rimane stabile dopo due mesi consecutivi di aumento. E’ il quadro che emerge dai dati Istat sul mercato del lavoro a novembre 2015. In Italia le persone con un’occupazione sono salite a 22,48 milioni, 36mila in più rispetto ad ottobre. E l’istituto di statistica rileva che stavolta la crescita dipende da un aumento dei dipendenti permanenti, oltre che degli indipendenti, mentre calano quelli a termine. I lavoratori a tempo indeterminato sono infatti cresciuti di 40mila unità su ottobre (+0,3%) mentre si sono contati 28mila autonomi in più (+0,5%) e 32mila occupati a termine in meno (-1,3%). Su base annua, cioè da novembre 2014, i dipendenti a tempo indeterminato sono cresciuti di 141mila unità, da 14,4 a 14,58 milioni, quelli a termine di 106mila. Da gennaio 2015, quando è entrata in vigore la generosa decontribuzione totale (fino a un tetto massimo di 8.060 euro annui) per i nuovi assunti stabili, l’aumento è stato invece di 43mila unità.

Di conseguenza la disoccupazione è scesa all’11,3%, il livello minimo dal 2012. A novembre 2015 i disoccupati, ovvero le persone in cerca di lavoro, erano 2,871 milioni. Sono calati di 48mila unità e la diminuzione riguarda sia gli uomini (-2,1%) sia le donne (-1,1%). Il tasso di disoccupazione diminuisce di 0,2 punti percentuali sia per la componente maschile sia per quella femminile, arrivando al 10,8% tra gli uomini e al 12% tra le donne. 

Giù anche la disoccupazione giovanile, che cala al 38,1%, 1,2 punti percentuali in meno rispetto al mese precedente: in questo caso si tratta dei minimi da giugno 2013. L’incidenza dei giovani disoccupati tra 15 e 24 anni sul totale dei giovani della stessa classe di età è pari al 9,8%: vale a dire che poco meno di un giovane su 10 è disoccupato.occupati e disoccupazione

Quanto agli inattivi, il tasso dopo la crescita di settembre (+0,5%) e ottobre (+0,3%), a novembre il tasso resta invariato al 36,3%, sintesi di un calo delle donne (-0,2%) e di una crescita degli uomini (+0,2) inattivi.

Il premier Matteo Renzi ha commentato i dati scrivendo su Twitter: "La disoccupazione che continua a scendere (oggi 11,3%) è dimostrazione che #Jobsact funziona. L’Italia che riparte, riparte dal lavoro #lavoltabuona".

Fonte: Il Fatto Quotidiano

 

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