Farnesina, bilancio
trasparente. Pistelli: "Facciamo un lavoro mostruoso con risorse miserevoli".
Tutti i dati online
Redazione, L'Huffington Post
La
Farnesina fa “un lavoro mostruoso con delle risorse miserevoli”. E con orgoglio
sceglie la strada della massima trasparenza, come annunciato oggi dal vice
ministro degli Esteri Lapo Pistelli durante la presentazione dell'iniziativa
"Bilancio Trasparente", nell'ambito della manifestazione "Farnesina Porte
Aperte" e della quinta Giornata della Trasparenza.
Da oggi chiunque può leggere online quanto e come si spende per la nostra
politica estera, in modo facilmente comprensibile anche per i non addetti ai
lavori. Ai dati si può accedere nel sito della Farnesina, sotto la sezione
amministrazione trasparente. "Per un'iniziativa non originata soltanto da un
bisogno di trasparenza, ma anche di outreach esterno - ha sottolineato il vice
ministro - c'è bisogno di far capire al resto del mondo che cosa si fa, cioè
dove vanno questi soldi, quante iniziative facciamo. Nel 2014 ci sono state 334
visite di capi di Stato e di governo (presidenti della Repubblica, del Consiglio
e ministro degli Esteri) in un anno, e ciò richiede un certo lavoro.
All'estero ci sono stati 67 bilaterali, abbiamo 30 mila ragazzi iscritti a
scuole italiane e 70 mila ai corsi di italiano agli Istituti italiani di
cultura. Mille e cento eventi solo per la settimana della promozione della
Lingua italiana nel mondo, 180 missioni archeologiche, cinquemila borsisti e
ottomila bandi di gara. È un lavoro mostruoso di cui si sa pochissimo - ha
sottolineato il vice ministro - e viene fatto con una quantità di risorse
miserevoli". Ossia 2 miliardi di euro, nel 2014, di cui 1,3 mld trasferiti a
organizzazioni internazionali e altri enti.
Pistelli non ha usato giri di parole per denunciare come sia stata "maltrattata
negli ultimi anni la politica estera di questo paese in termini di risorse",
commentando i dati di bilancio della Farnesina da oggi fruibili sul sito web,
dove si evidenzia sia la destinazione delle risorse finanziarie provenienti dal
contribuente che i servizi e le attività realizzati con tali risorse. Grazie a
rappresentazioni grafiche “navigabili”, viene spiegato dettagliatamente, anche
ai non addetti ai lavori, come vengono utilizzate le risorse finanziarie e
perché è importante continuare a spenderle, evidenziando i servizi e le attività
realizzate.
Il viceministro ha tenuto quindi a ricordare quale sia questo lavoro, dal
coinvolgimento dell'amministrazione della Farnesina nelle missioni militari
all'estero, alla crescente penetrazione del sistema economico italiano nei
mercati internazionali, "tanto che in molti paesi il nostro export è cresciuto a
doppia cifra", all'aiuto allo sviluppo a tutto il lavoro di assistenza
all'estero, con 5 milioni di italiani registrati all'aire e 3.000 detenuti
italiani nel mondo.
Guardando alla destinazione dei fondi, si vede che "la parte preponderante sono
risorse trasferite, cioè non gestite direttamente, ma contributi a enti
internazionali che il ministero finanzia", come il sistema Onu, ha sottolineato
Riccarda Pietrasanta, coordinatrice della programmazione economico-finanziaria e
di bilancio della Farnesina, ricordando che c'è anche una sezione su come cambia
il bilancio nel corso dell'anno e una sezione per gli addetti ai lavori.
Caserme No, Grand Hotel
Esercito
Caserma Gioppi ad Arabba, Villaggio Alpino
Tempesti a Corvara e Villa Ausserer a Siusi, sulle montagne altoatesine. I
prezzi: 8 euro per pernottamento e prima colazione e 9 per pasto in pensione
completa compresi i periodi di alta stagione come Natale, Capodanno e Pasqua.
Tariffe scritte nero su bianco nel “Regolamento per l'ammissione
all'utilizzazione delle basi addestrative delle Truppe Alpine” emanato dal
comando di stanza a Bolzano.
di Lorenzo Galeazzi
Arabba, Corvara e Siusi. Nomi noti per gli
appassionati di sci e passeggiate in montagna. Località turistiche che sono dei
veri e propri paradisi naturali, ma non a portata di tutte le tasche. A meno di
non essere ufficiali degli Alpini o “personalità di adeguato livello” con
“particolari titoli di benemerenza” nei confronti delle Forze Armate. In quel
caso le vacanze a cinque stelle in uno degli chalet abbarbicati sulle montagne
altoatesine diventano più convenienti del peggiore ostello della gioventù: 26
euro al giorno in pensione completa, compresi i periodi di alta stagione come
Natale, Capodanno e Pasqua. Nel dettaglio: otto euro per pernottamento e prima
colazione e nove per pasto, ma, se si vuole risparmiare, si può fare anche la
mezza pensione.
Tariffe irrisorie che sono scritte nero su bianco nel “Regolamento per
l’ammissione all’utilizzazione delle basi addestrative delle Truppe Alpine”
emanato dal comando di stanza a Bolzano.
Nel documento, dove viene specificato che i pagamenti possono essere effettuati
“esclusivamente in denaro contante”, c’è l’elenco dei presidi militari
trasformabili alla bisogna in residenze turistiche per “soggiorni invernali ed
estivi”: Caserma Gioppi ad Arabba, Villaggio Alpino Tempesti a Corvara e Villa
Ausserer a Siusi. Basi che, “compatibilmente alle esigenze addestrative” possono
essere utilizzate come “Organismi di Protezione Sociale”, cioè strutture
alberghiere finalizzate al “mantenimento dell’efficienza del personale militare”
e “all’aggregazione sociale dei dipendenti” delle Forze Armate.Gli “Ops” sono
stati pensati dalla Difesa per attività di carattere ricreativo, culturale e
assistenziale indirizzate ai militari. All’interno di questa categoria, dove
figurano le sale convegno e i circoli ufficiali, ci sono anche i soggiorni
marini o montani. Strutture che, come recita la direttiva dello Stato maggiore
della Difesa, “hanno la finalità di consentire prioritariamente al personale in
servizio presso enti o reparti di maggiore impiego operativo, di trascorrere
periodi di riposo e di recupero psico-fisico in località aventi peculiari
caratteristiche climatiche e ambientali”.
Peccato che, almeno nelle caserme-resort gestite dal Comando degli Alpini, le
cose non vadano esattamente così. Sì, perché le basi, più che dalle truppe
rientrate in Patria dopo mesi di missione all’estero, sono frequentate da
ufficiali in servizio o in pensione con le loro famiglie. Basta leggere il
regolamento d’ammissione alla voce “ordine di priorità”: ufficiali,
sottufficiali, truppa. Gerarchia che viene replicata capitolo per capitolo:
dagli effettivi in servizio permanente negli Alpini, agli ausiliari delle penne
nere, ai membri dell’Esercito, fino alle vedove “che non hanno contratto altro
matrimonio”.
Queste strutture possono essere date in concessioni a terzi o, come nel caso
degli Alpini, gestite in maniera diretta. Così sono gli stessi soldati a
prestare servizio, tant’è che la vicenda emerge proprio dall’esasperazione di
due militari la cui attività addestrativa consisteva nel servire ai tavoli
durante i pasti. Sconcertati dalla situazione, si rivolgono al Comando chiedendo
spiegazioni, ma l’unica risposta che ottengono è l’allontanamento e l’immediata
sostituzione con dei volontari in ferma annuale.
Il soggiorno massimo consentito sia in estate che in inverno è di un solo turno,
cioè di una settimana, “fatta salva la disponibilità di posti in assenza di
richiedenti”. Difficile immaginare che non ci sia la coda per accedere a questo
tipo di strutture per meno di 30 euro al giorno. Ma qui casca l’asino perché
visionando il conto di una “personalità di adeguato livello” (un’ex alta carica
dello Stato di cui per motivi di privacy non si farà il nome) si scopre che la
vacanza, moglie al seguito e in pensione completa, è durata un mese ed è costata
solamente 1600 euro. Vino incluso, dato che una bottiglia di Lagrein al
ristorante degli Alpini costa solo 8 euro e 40 centesimi.
Morti sul lavoro, la strage
dimenticata dei trattori: 46 vittime da inizio anno
Venti decessi solo nella prima metà di maggio,
181 nel 2014: gli incidenti sui mezzi agricoli sono una piaga non sempre
conteggiata nelle statistiche sulle morti bianche. La denuncia dell'Osservatorio
Centauro-Asaps. Il 70% delle vittime in campi, frutteti e boschi, il 30 per
strada. Spesso coinvolti bambini.
di Stefano De Agostini
C’è l’anziano investito e ucciso da un trattore in
retromarcia in un uliveto del grossetano. Ci sono altri sei casi in Toscana nel
giro di poche settimane, agricoltori che hanno perso la vita travolti da questo
tipo di veicoli. C’è il bambino di 4 anni di Portogruaro, in provincia di
Venezia, schiacciato da una ruota del mezzo agricolo del nonno e ricoverato in
gravi condizioni. Il trattore può diventare una trappola mortale. Ancora più
della macchina, ancora più dell’autostrada. Secondo l’osservatorio il
Centauro-Asaps (Associazione sostenitori e amici della polizia stradale), nella
sola prima metà di maggio, in Italia ci sono stati 29 incidenti con mezzi
agricoli, che hanno causato 20 morti. Più di un decesso al giorno, un aspetto
spesso dimenticato della piaga delle morti sul lavoro. La cifra diventa ancora
più eclatante se paragonata a quelle persone rimaste uccise in un incidente
autostradale, che nello stesso periodo si sono fermate a quota otto, meno della
metà delle morti in campagna. Per completare il quadro del 2015, nei primi
quattro mesi dell’anno, riferisce l’osservatorio, si sono verificati 111
incidenti con trattori, che hanno provocato 46 vittime e 70 feriti. Il dato
preoccupante è anche l’incremento di infortuni e morti di anno in anno. Nel
2014, spiega l’associazione, ci sono stati 181 decessi, otto in più rispetto
all’anno precedente (+4,6%). In aumento anche il numero degli incidenti, passati
da 374 a 390, e quello dei feriti, da 247 a 257.
Il problema dei decessi in campagna è spesso legato, anche se non sempre rientra
nelle statistiche ufficiali, al dramma delle morti sul lavoro. Le ultime cifre
fornite dall’Inail, l’istituto per l’assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro, parlano di 660 vittime e 460mila incidenti riconosciuti nel 2013: si
tratta di un dato che l’ente rileva essere il più basso dal 1954, in
controtendenza rispetto a quanto l’osservatorio Asaps segnala per quanto
riguarda gli infortuni con i mezzi agricoli.
Tornando agli incidenti in campagna, nell’86% nei casi, a morire è stato il
conducente del trattore, mentre il rimanente 14% è dato per lo più da soggetti
terzi a terra o alla guida di altri mezzi. Nel 2014, sono rimasti feriti nove
bambini, mentre erano stai sei nel 2013 e solo quattro nel 2012. In aumento
anche il numero di stranieri coinvolti negli incidenti con i trattori, passati
da 12 del 2013 ai 24 dell’anno successivo, mentre sono calate le donne,
diminuite da 34 a 25. Colpisce l’alta percentuale di infortuni che colpiscono
gli anziani, pari al 37% del totale nel 2014.
Al di là delle persone coinvolte negli incidenti, l’osservatorio fornisce anche
dettagli sui luoghi dove si verificano. Nel 2014, il 71,5% di questi infortuni è
avvenuto in campi, frutteti e boschi, mentre il restante 28,5% ha avuto luogo in
strada, soprattutto sentieri agricoli, ma anche comunali o provinciali durante i
transiti per il trasporto dei prodotti da un podere all’altro e nei depositi dei
consorzi. Il triste primato di vittime dei trattori è detenuto dal Veneto, con
21 decessi, seguito da Emilia-Romagna e Piemonte, a quota 19. Nella classifica
degli incidenti, in vece, primeggia l’Emilia-Romagna, con 51 episodi, mentre la
Lombardia e Veneto si fermano rispettivamente a 46 e 41. Non a caso, il 51% dei
sinistri ha avuto luogo nel Nord Italia, mentre centro e Sud superano di poco il
24%.
Il Tfr in busta paga è un
flop: chiesto da 0,1% dei dipendenti
La Fondazione consulenti del lavoro ha
analizzato un milione di posizioni e ha scoperto che solo 567 dipendenti hanno
chiesto all'azienda l'anticipo. La norma, in vigore da aprile, penalizza i
redditi oltre i 15 mila euro.
La Repubblica
MILANO - L'operazione Tfr in busta paga è un flop:
meno dello 0,1% dei lavoratori ha fatto richiesta per aver l'anticipo del
trattamento di fine rapporto dilazionato con lo stipendio mensile. Il calcolo
arriva dalla Fondazione consulenti del lavoro analizzando circa un milione di
posizioni ha scoperto che solo 567 dipendenti hanno chiesto all'azienda
l'anticipo. La norma è entrata in vigore ad aprile.
Dallo scorso 3 aprile lavoratori dipendenti hanno avuto la possibilità di
chiedere la liquidazione del proprio Tfr "maturando" in busta paga fino a giugno
2018. In particolare, la liquidazione in busta paga è ammessa a partire dal mese
successivo a quello di presentazione dell'istanza: ossia per le richieste di
aprile a partire da maggio. Il prelievo fiscale sull'anticipo è a tassazione
ordinaria e quindi è conveniente solo per le fasce più basse di reddito. Secondo
i calcoli della Fondazione studi dei Consulenti del Lavoro, infatti, la
convenienza esiste solo per i lavoratori con un reddito fino a 15.000 euro
mentre subirebbero un aggravio fiscale quelli al di sopra di questa soglia, con
un aumento annuale di tasse che, per chi ha 90.000 euro di reddito, arriverebbe
a 569 euro l'anno (1.895 euro in meno per il periodo marzo 2015-giugno 2018).
Nel complesso Il Tfr dei lavoratori dipendenti vale circa 20 miliardi l'anno per
i lavoratori interessati alla misura. Nella relazione tecnica della legge
stabilità il governo aveva ipotizzato che a regime, la norma potesse interessare
circa il 40-50% dei lavoratori destinatari dell'operazione, Confcommercio,
invece, aveva già bocciato l'iniziativa spiegando che ne avrebbe fatto richieste
solo un dipendente su cinque. Confesercenti, invece, stimava che solo 10%
dell'anticipo sarebbe andato a alimentare i consumi.
Proprio in questi giorni - spiegano ora i consulenti - "sono partite le
elaborazioni degli stipendi di maggio 2015 da parte dei Consulenti del Lavoro su
7 milioni di dipendenti e oltre 1 milione di aziende. In questa prima fase sono
stati analizzati i dati delle grandi aziende (che mediamente occupano più di 500
dipendenti) e nei prossimi giorni l'analisi si sposterà sulle micro imprese.
Dopo questa prima fase di elaborazione di quasi un milione di stipendi il
risultato sulla liquidazione in busta paga del Tfr riguarda solo 567 lavoratori,
ossia circa lo 0,05%".
Sulla base delle elaborazioni dei consulenti i lavoratori richiedenti sono per
il 75% residenti nel Centro Nord e il 25% al Sud. Per il 43% lavorano nel
terziario e per circa il 27% nell'industria. Il 25% ha redditi fino a 20.000
euro, il 50% fino a 30.000 euro mentre appena il 6,25% lo ha chiesto avendo
redditi superiori a 40.000 euro annui. Solo il 10% di coloro che hanno chiesto
l'anticipo ha tolto il Tfr da un fondo pensione.
Da un'intervista a un campione significativo di coloro che hanno deciso di non
chiedere l'anticipo emerge che la decisione è stata dettata prevalentemente
dalla penalizzazione fiscale (il 60% ha risposto che ha deciso di non chiederlo
perchè la tassazione ordinaria è troppo penalizzante). Il 16% considera
sbagliato togliere il Tfr dal fondo pensione mentre il 20% non ha ancora
valutato adeguatamente.