Sicilia, il comune di
Acireale spende 340mila euro per sopralluoghi a presepi viventi (chiusi),
tombolate e grigliate
Il consiglio comunale ha considerato come
“riunione delle commissioni consiliari” le più banali sortite tra i divertimenti
di Paese: si va dalla visita all'agriturismo (per ammirare il "pavone e la sua
ruota") al sopralluogo alla grande tavolata in occasione del carnevale estivo
del capoluogo acese. Non manca il blitz al centro anziani e la capatina al
presepe vivente. Che però era chiuso: nessun problema, è stato fatto riaprire
per permettere ai consiglieri di assolvere al loro compito. E nell'isola il
malcostume della gettonopoli dilaga.
Fonte: Il Fatto Quotidiano. Di Giuseppe Pipitone
Missioni sotto il cocente sole di luglio per
valutare se i cittadini gradissero o meno i carri in maschera del “più bel
carnevale di Sicilia d’estate”; sopralluoghi a sorpresa nei presepi viventi,
ormai chiusi dato che l’Epifania era già trascorsa e i Re Magi avevano svolto il
loro compito; blitz improvvisati durante allegri balli serali nei centri per
anziani. Sono solo alcuni degli obiettivi raggiunti dai consiglieri comunali di
Acireale, amministratori erranti sempre pronti a vigilare sul divertimento dei
concittadini. Solo che per ognuna di quelle missioni, i consiglieri venivano
retribuiti con un gettone pari a 63,79 euro.
Ha contorni tragicomici l’ultima gettonopoli scoppiata in Sicilia: ad Acireale,
infatti, il consiglio comunale ha considerato come “riunione delle commissioni
consiliari” le più banali sortite tra i divertimenti di Paese. Si celebra un
paradossale “carnevale estivo”? E i consiglieri della quinta commissione sono lì
per “sondare dal vivo le reazioni del pubblico presente e valutare
l’organizzazione”. Una missione talmente delicata che nei verbali ufficiali
della seduta viene annotata “la grande ed affollata grigliata di barbecue di
carne e di pesce, angolo culinario che unitamente alle botteghe artigianali dei
dolci permette di allietare il palato con degustazioni di gelati, granite e
prodotti tipici siciliani”. Poi dopo il carnevale estivo, arriva il periodo
natalizio e il comune di Acireale si riempie di presepi.
Potevano i consiglieri assentarsi da una missione tra pastorelli e mangiatoie?
Nossignore: ecco quindi che l’8 gennaio vanno in visita al presepe del convento
di San Rocco. Peccato che sia ormai chiuso. “In via del tutto eccezionale la
mostra è stata riaperta questa sera così da dare la possibilità alla commissione
di poterla visionare” scrivono zelanti nel verbale della commissione. Ma non
solo: perfino una visita ad un’azienda agricola diventa un motivo utile per
radunare i consiglieri comunali. Il verbale di quella seduta è esilarante: “I
componenti – si spiega nell’atto ufficiale – si soffermano soprattutto davanti
la gabbia del pavone, uno tra i tanti, che fa la ruota e accenna qualche passo
della caratteristica danza della sua specie”.
Alla fine tra tombolate cittadine, pavoni di campagna, balli nei centri per
anziani, e sfilate di carnevale sotto il sole di luglio, il consiglio comunale
di Acireale è costato alle casse municipali 342mila euro in un anno. Soltanto
l’ultimo caso di Gettonopoli nei comuni siciliani, denunciato nelle scorse ore
da Angela Foti, deputata regionale del Movimento Cinque Stelle. “Deve finire –
dice la parlamentare M5S – l’abitudine di considerare le casse pubbliche come
una sorta di bancomat”. Nei mesi scorsi erano finiti alla ribalta diversi
consigli comunali siciliani dove le riunioni delle commissioni sono ormai
diventate un escamotage per intascare il gettone di presenza. Come ad Agrigento,
dove il consiglio si è riunito 1.113 volte in un anno, e cioè tre volte al
giorno inclusi i festivi, o come a Siracusa, dove le commissioni sono costate
alla fine 720mila euro in un anno.
E se per i consigli comunali agrigentini e siracusani si sono messe in moto le
indagini della procura, ha fatto discutere anche il caso di Enna, dove il
gettone era stato abbassato da 56 a 51 euro, ma le sedute sono aumentate di
numero, portando la spesa finale a quota 360mila euro. Suscita polemiche anche
il caso del consiglio comunale di Palermo, che costa cinque milioni e 200mila
euro all’anno, un milione in più rispetto a quello di Milano, che però ha il
triplo di abitanti. Nel frattempo l’Assemblea Regionale Siciliana ha iniziato il
suo tour de force per approvare la finanziaria: tra le norme al vaglio dei
deputati anche una legge per tagliare le gettonopoli dei comuni siciliani. Si
tratta di una norma che cancella 1.482 poltrone di assessori e consiglieri
comunali, tagliando nello stesso tempo 48 milioni di euro all’anno: manco a
dirlo è una delle leggi che ha scatenato maggiori polemiche tra i deputati del
parlamento siciliano.
14
aprile
Crolla
Italia: ponti, ferrovie e strade cadono a pezzi
Tra strade e autostrade
rilevate 6180 zone di “criticità”, 1.862 punti a rischio sulla rete ferroviaria
- Non c’è solo l’incubo frane ma anche il pericolo legato all’oltraggio del
tempo: secondo il governo il 40% di strade, ponti, viadotti e gallerie gestiti
dall’Anas hanno più di 35 anni e bisogna rimetterci mano. Di finanziamenti
finora neanche l’ombra: gli italiani si preparino al peggio...
Roberto Giovannini per “la Stampa”
L’ingegneria in Italia ha pensato
di poter fare a meno della geologia. Per cui ancora oggi si continua a costruire
case, ponti, strade, e quant’altro in luoghi dove acqua e natura si
riprenderanno prima o poi ciò che è stato loro sottratto. Il risultato? Secondo
una recentissima rilevazione dell’Ispra - l’Istituto pubblico per la protezione
dell’ambiente - sulle principali infrastrutture di comunicazione (autostrade,
superstrade, strade statali, tangenziali e raccordi) esistono la bellezza di
6.180 «punti di criticità» per fenomeni franosi.
Soltanto sulle autostrade i punti in cui gli scienziati dicono che una frana
potrebbe avvenire sono ben 720. 1.862 «punti di criticità» per frana sono stati
invece individuati lungo i 16.000 chilometri della rete ferroviaria. Secondo lo
studio del «Progetto Iffi» (l’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia, che
prevede l’identificazione e la mappatura delle frane sull’intero territorio
italiano secondo modalità standardizzate e condivise) in tutti questi «punti di
criticità» potrebbero attivarsi o riattivarsi fenomeni franosi analoghi a quelli
già censiti.
Una delle «scoperte» dell’osservatorio sulle frane dell’Ispra è quanto sia
complessivamente fragile il nostro Paese. Ogni anno infatti oltre un migliaio di
frane colpiscono il territorio nazionale; e solo negli ultimi 6 anni gravi
eventi di frana hanno causato vittime e ingenti danni a centri abitati e a
infrastrutture.
Soltanto nel 2014 si sono contati 211 eventi franosi «principali»: (sono
definiti così quelli che causano vittime, feriti, evacuati e danni a edifici,
beni culturali e infrastrutture di comunicazione. Complessivamente finora sono
state censite ben 499.511 frane che interessano un’area di 21.182 chilometri
quadrati, pari al 7% del territorio nazionale.
Normalmente verrebbe da pensare che un servizio di monitoraggio tanto importante
per un paese così fragile dovrebbe essere trattato con i guanti bianchi. Ma
siamo in Italia, e tra tanti bonus e tesoretti non si riescono a trovare i
quattro soldi necessari a rifinanziare il Progetto Iffi. Ovviamente dall’ottobre
2012 è stata formalmente presa la decisione di rifinanziare: ma a tutt’oggi è
rimasta sulla carta.
Ragion per cui è bene che gli italiani si preparino al peggio. Quelli che devono
stare più attenti sono il milione di cittadini che vengono considerati «esposti
a fenomeni franosi» dall’Ispra. E finora abbiamo parlato soltanto di frane. Sì,
perché un altro pericolo che incombe sulla nostra rete infrastrutturale è
l’oltraggio del tempo. Gran parte di strade e autostrade risalgono agli anni
Ottanta, e ormai bisogna rimetterci mano. Per la precisione, secondo il governo
il 40% di strade, ponti, viadotti e gallerie gestiti dall’Anas hanno più di 35
anni.
E infine c’è il riscaldamento globale. L’umanità ha bruciato impunemente carbone
e petrolio, il clima è cambiato. E come tutti gli scienziati qualificati
affermano, già oggi si stano moltiplicando gli eventi meteo di tipo
«straordinario». Amplificati, naturalmente, dalla pretesa di ridisegnare il
territorio a suon di cemento. Alluvioni, bombe d’acqua, esondazioni si
moltiplicano: le cronache di tutti i giorni raccontano che cosa succede alla
rete stradale quando cade in poco tempo tantissima acqua.
7
aprile
Diaz: Corte Strasburgo
condanna l'Italia per tortura
La condanna non riguarda solo le violenze, ma
anche il fatto di non avere una legislazione sul reato di tortura: "Colpevoli
non puniti per mancanza di leggi adeguate"
STRASBURGO - Quanto compiuto dalle forze dell'
ordine italiane nell'irruzione alla Diaz il 21 luglio 2001 "deve essere
qualificato come tortura". Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani
che ha condannato l'Italia non solo per quanto fatto ad uno dei manifestanti
durante il G8 di Genova , ma anche perché non ha una legislazione adeguata a
punire il reato di tortura.
All'origine del procedimento c'è un ricorso presentato da Arnaldo Cestaro,
manifestante veneto che all'epoca aveva 61 anni e che rimase vittima del
violento pestaggio da parte della polizia durante l'irruzione nella sede del
Genova Social Forum. Nel ricorso l'uomo afferma che quella notte fu brutalmente
picchiato dalle forze dell'ordine tanto da dover essere operato e da subire
ancora oggi ripercussioni per alcune delle percosse subite. Cestaro sostiene che
le persone colpevoli di quanto ha subito sarebbero dovute essere punite
adeguatamente ma che questo non è mai accaduto perché le leggi italiane non
prevedono il reato di tortura o reati altrettanto gravi.
I giudici hanno deciso all'unanimità che lo stato italiano ha violato l'articolo
3 della convenzione sui diritti dell'uomo, che recita: "Nessuno può essere
sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti". La Corte di
Strasburgo ha stabilito che il trattamento che gli è stato inflitto deve essere
considerato come "tortura", ma nella sentenza i giudici sono andati oltre,
sostenendo che se i responsabili non sono mai stati puniti, è soprattutto a
causa dell'inadeguatezza delle leggi italiane, che quindi devono essere
cambiate. La mancata identificazione degli autori materiali dei maltrattamenti
dipende, secondo la Corte, "in parte dalla difficoltà oggettiva della procura a
procedere a identificazioni certe, ma al tempo stesso dalla mancanza di
cooperazione da parte della polizia".Nella sentenza si legge anche che la
mancanza di determinati reati non permette allo Stato di prevenire efficacemente
il ripetersi di possibili violenze da parte delle forze dell'ordine.
L'azione avviata da Cestaro assume particolare rilevanza poiché è destinata a
fare da precedente per un gruppo di ricorsi pendenti. L'Italia dovrà versare a
Cestaro un risarcimento di 45mila euro.
La proposta di legge Che introduce nel codice penale il reato di tortura è
all'esame del parlamento da quasi due anni: approvata dal senato poco più di un
anno fa, il 5 marzo 2014, dopo una discussione durata 8 mesi, ora è in seconda
lettura alla camera dove il 23 marzo scorso è approdata in aula per la
discussione generale. L'esame dovrebbe riprendere in settimana, dopo l'ok alla
riforma del terzo settore, con i tempi contingentati e quindi certi e rapidi. Ma
il testo, già modificato dalla Commissione giustizia di Montecitorio, dovrà
tornare al Senato.
"Che tristezza, deve essere una "entità esterna" come la Corte di Strasburgo a
spiegarci che a #Diaz e #Bolzaneto ci fu tortura". Così twitta Daniele Vicari,
regista del film Diaz - Don't Clean Up This Blood, dopo il verdetto della Corte
di Strasburgo.
La sentenza di Strasburgo è stata commentata anche da Patrizio Gonnella,
presidente dell'Associazione Antigone : "C'è una giustizia a Strasburgo.
L'Italia condannata per le brutalità e le torture della Diaz che, finalmente in
Europa e solo in Europa, possono essere chiamate tortura. In Italia questo non
si può fare perché manca il reato nel codice penale. Un fatto vergognoso e
gravissimo, lo avevamo detto più volte. Fra l'altro c'è un nostro ricorso
analogo pendente a Strasburgo per le violenze nel carcere di Asti dove,
ugualmente, la Corte ha rinunciato a punire in mancanza del reato. Speriamo che
questa sentenza renda rapida la discussione parlamentare e ci porti ad una legge
che sia fatta presto e bene, cioè in coerenza con il testo delle Nazioni Unite".
Secondo Enrica Bartesaghi, presidente del Comitato 'Verità e Giustizia per
Genova', l'associazione che riunisce i familiari delle vittime dei pestaggi
durante il G8, la sentenza rappresenta un "risarcimento morale". "Si tratta di
un precedente ottimo. Un precedente che ci dà una risarcimento morale per le
torture avvenute".
Fonte: Repubblica
Addio a Giovanni Berlinguer,
una vita nel Pci
Il fratello del leader comunista Enrico è morto
a Roma, aveva 90 anni. Lasciò il partito dopo lo scioglimento dei Ds. Allestita
camera ardente in Campidoglio. Il cordoglio del mondo politico
ROMA
- È morto nella notte a Roma Giovanni Berlinguer. Aveva 90 anni. Nato a Sassari
il 9 luglio 1924, figlio dell'avvocato e politico Mario, fratello del leader
comunista Enrico, è stato un medico e un deputato per tre legislature con il
Pci.
Il feretro è stato accolto in Campidoglio dove oggi, dalle 18 alle 20, e domani,
dalle 8 fino alle 20, sarà allestita la camera ardente nella sala della
Protomoteca. I funerali si terranno mercoledì 8 aprile alle 10 nell'aula magna
della facoltà di Lettere dell'università Sapienza.
La vita. Dall'inizio degli anni Cinquanta, Giovanni fu insieme al fratello
Enrico una delle più note personalità del Partito comunista italiano. Da
studente, fu segretario e presidente della Uis (Unione Internazionale Studenti)
fra il 1949 ed il 1953.
Dal 1965 sino al 1969 Giovanni Berlinguer fu consigliere provinciale di Roma.
Sempre nel 1965 divenne membro - sino allo scioglimento - del comitato centrale
del Pci, nelle cui liste venne eletto deputato nel 1972, nel 1976 e nel 1979.
Nel 1983 fu eletto al Senato a Iglesias. Fu confermato nel 1987 in Toscana.
Ancora nel 1983 divenne consigliere del Comune di Roma, carica ricoperta sino al
1985.
Personalità di primo piano della cultura italiana, Giovanni Berlinguer contribuì
con la sua attività di docente di medicina sociale e con i suoi libri a
diffondere la cultura scientifica e all'analisi critica del sistema sanitario
italiano. Fu eletto nel 1999 Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della
Repubblica Italiana e nel 2001 ricevette la Medaglia d'Oro ai benemeriti della
Cultura e dell'Arte.
Nel maggio 2007, dopo lo scioglimento dei Ds che porterà alla nascita del
Partito democratico, lasciò il partito e aderì a Sinistra Democratica di Fabio
Mussi. Fino al maggio 2009 fu deputato al parlamento europeo di Strasburgo, come
componente del gruppo del Partito socialista europeo (Pse).
Il cordoglio. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricorda, in un
messaggio ai familiari, "la limpida figura" di Giovanni Berlinguer: "Personalità
brillante e dotata di alto senso morale - scrive il capo dello Stato - medico di
grande valore, seppe unire nella sua lunga carriera, - che lo vide più volte in
parlamento - passione civile, rigore scientifico e senso di profonda umanità".
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi - anche nella sua qualità di leader del
Partito democratico - esprime il suo cordoglio ai familiari per la scomparsa di
Giovanni Berlinguer, "affilata coscienza critica della sinistra italiana ed
europea, uomo di scienza mite e appassionato che tanto ha contribuito al
dibattito culturale e politico del Paese".
In una nota, il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, sottolinea:
"Con la morte di Giovanni Berlinguer perdiamo un punto di riferimento, un
politico di valore e un uomo di cultura dalla profonda umanità. Voglio esprimere
il mio sentimento di profondo cordoglio e quello della Regione Lazio ai suoi
familiari".
Su Twitter, è il leader di Sel, Nichi Vendola, a scrivere: "Una persona di
sinistra mite ma combattiva, curiosa del futuro, non sopportava i pregiudizi.
Per lui scienza e politica erano e dovevano essere al servizio del bene comune.
Un bella persona. Ciao Giovanni #Berlinguer".
Sempre su Twitter, il saluto dell'europarlamentare Sergio Cofferati (Pse): "Con
Giovanni #Berlinguer se ne va un uomo di grande cultura e politico esemplare dai
solidi valori".
Un altro eurodeputato Pd, Goffredo Bettini, dice: "Una grande perdita per la
cultura e la politica italiana. Ho avuto l'onore di collaborare con Giovanni in
diverse fasi della vita. Ne ho potuto apprezzare l'umanità, la trasparenza, la
schiettezza delle opinioni e la straordinaria capacità di produrre idee".
In una nota, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, dichiara: "Da studente di
medicina, negli anni Settanta, conoscevo bene il suo lavoro e la sua passione
nel diffondere l'importanza dei valori della scienza nella nostra società.
Ammirai la caparbietà con cui si impegnò a sostenere la legge sulla chiusura dei
manicomi e ne parlammo molte volte quando divenni presidente della commissione
d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale del Senato e mi occupai della
chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari. La vicinanza del Campidoglio
alla famiglia è massima e ospiteremo qui la sua camera ardente oggi e domani".
Per il presidente del Senato, Pietro Grasso, "Giovanni Berlinguer ha portato in
politica e nelle aule parlamentari il rigore etico dell'uomo di scienza. Seppe
coniugare una intensa carriera politica ad una importante vita accademica che
gli fruttò diversi riconoscimenti". E il ministro delle Politiche agricole,
Maurizio Martina, aggiunge: "Una scomparsa che addolora. Con lui perdiamo un
protagonista della storia politica e culturale del nostro paese. E' doveroso
ricordare la sua lunga esperienza al servizio delle istituzioni, in italia e in
europa, e la sua straordinaria passione. Il suo impegno civile e la sua umanità
rappresentano un esempio e un punto di riferimento per tutti noi".