“Record mondiale in Italia:
pressione fiscale al 55% e sommerso al 17,5%”
Secondo uno studio di Confcommercio
l'evasione fiscale grava pesantemente sui contribuenti regolari. Il nostro Paese
in ultima posizione su infrastrutture e tempi di pagamento della pubblica
amministrazione e agli ultimissimi posti nelle classifiche dell'efficienza del
quadro giuridico
Record
mondiale per la pressione fiscale in Italia, dove l’economia sommersa pesa il
17,5% del Pil. Secondo la ricerca dell’Ufficio Studi Confcommercio “Sulle
determinanti dell’economia sommersa”, presentato a Roma dal direttore Mariano
Bella , in Italia la pressione fiscale apparente (ovvero quella che si ottiene
dividendo gettito e Pil) è al 45,2% (quinto posto tra i 35 Paesi Ocse) e negli
ultimi dodici anni è aumentata del 3,4%. La percentuale di gran lunga più alta.
Tuttavia, “se si considera la pressione fiscale sui contribuenti in regola il
dato sale addirittura al 54,8%, di gran lunga record mondiale assoluto”. La
Danimarca, al secondo posto, è al 48,6%”.
Primato mondiale anche sull’economia sommersa che equivale al 17,5% del Pil
anche se presenta una leggera tendenza al calo, visto che nel 1998 era
addirittura al 20%. Il nostro Paese si colloca invece in ultima posizione per
quanto riguarda le infrastrutture e i tempi di pagamento della pubblica
amministrazione e agli ultimissimi posti nelle classifiche dell’efficienza del
quadro giuridico, del numero di giorni necessari per ottenere una sentenza
definitiva in materia contrattuale, del numero di procedure giudiziarie per far
rispettare un contratto, delle istituzioni e del tempo per gli adempimenti
fiscali.
Secondo lo studio, sommerso ed evasione dipendono da fattori puramente economici
e sociali. Ovvero, dai gravi deficit di efficacia e di efficienza nei sistemi
giudiziario e tributario, dalla bassa quantità e qualità dei servizi pubblici
erogati, dai costi elevati e dalla difficoltà dell’adempimento spontaneo delle
obbligazioni fiscali e anche e soprattutto dalle troppo elevate pretese fiscali.
Non a caso, Confcommercio calcola che se aumentasse dell’1% la facilità degli
adempimenti fiscali, ad esempio, il sommerso calerebbe dello 0,5%, mentre ad
ogni punto percentuale di riduzione delle aliquote corrisponderebbe una
diminuzione di mezzo punto del sommerso stesso. La ricerca sottolinea, infine,
che è illusorio pensare che la lotta all’evasione fiscale possa avere successo
senza un parallelo processo di restituzione fiscale: servono allo scopo precisi
meccanismi di restituzione ai contribuenti in regola delle maggiori imposte
riscosse attraverso la lotta all’evasione e all’elusione.
Riviera, l’estate dei nuovi
schiavi: “Noi, sottopagati e con contratti fasulli”
Il racconto dei giovani costretti a turni massacranti e sottopagati. La
difesa dell'associazione albergatori di Rimini: "Ci sono casi, ma isolati". Ma
le associazioni rilanciano: "Il problema è così serio che non possiamo più
combatterlo da soli"
di Antonella Beccaria |
Sono giovani, con un’età che arriva nella maggior parte dei casi ai 40 anni. E
sono sia italiani che stranieri , un esercito di lavoratori in nero (in toto o
in parte) che, nel comparto del turismo sulla riviera romagnola, condividono
situazioni analoghe, con paghe orarie che variano dai 3 ai 4 euro e turni che
possono raggiungere le 15 ore al giorno (per tutti tra le 80 e le 90 ore a
settimana ). Per Patrizia Rinaldis , presidente dell’Associazione italiana
albergatori (Aia) di Rimini, sono “casi limite che non rispecchiano il nostro
turismo”. Per altri, invece, il “lavoro gravemente sfruttato è un fenomeno
talmente epidemico che non possiamo segnalare un datore di lavoro piuttosto di
un altro: lo fanno tutti”.
Ad
affermarlo sono due realtà che da anni lavorano a fianco degli stagionali. Sono
il comitato Schiavi in Riviera e l’ associazione Rumori Sinistri che nelle
settimane scorse hanno collaborato con il consigliere riminese Fabio Pazzaglia
della lista Fare Comune a un’interpellanza contro lo schiavismo nel turismo.
Scopo è quello di arrivare a settembre a un consiglio comunale tematico in cui
trovino spazio le voci dei lavoratori, quelle che denunciano condizioni di
mancato rispetto dei contratti nazionali di categoria e un uso “disinvolto” di
strumenti ad hoc, come i contratti a chiamata
“Parlare di questo argomento in riviera è difficile”, dice Pazzaglia. “Si pensi
che a Rimini ci sono 40 vigili che devono controllare gli ambulanti abusivi e
solo 2 che invece devono occuparsi delle condizioni dei lavoratori in alberghi,
ristoranti o impianti balneari”. Gli ispettori del lavoro che girano sono 23 ,
“ma non sempre sono nelle condizioni di rilevare reali abusi da parte dei
titolari degli esercizi”, spiega Marco , uno degli attivisti di Schiavi in
Riviera. Trentatreenne, conosce bene il settore dato che “ho cominciato a
lavorare come stagionale a 15 anni e ancora oggi ho bisogno di arrotondare per
arrivare a fine mese. Così la sera faccio il cameriere”.
Marco ha iniziato nel 2008 a “fare squadra” con altri colleghi – oggi il gruppo
è composto da una decina di attivisti e da un centinaio di sostenitori – e
spiega che per “aggirare i controlli, i lavoratori sono istruiti a dire che è il
loro primo giorno, hanno preso servizio da un’ora o da due e che non conoscono
nessuno degli altri”. Il meccanismo, secondo gli attivisti romagnoli, è quello
dell’ abuso del contratto a chiamata , conosciuto anche come contratto di lavoro
intermittente. “Avvalendosi male di questo strumento”, prosegue il giovane
romagnolo, “i versamenti contributivi sono quasi inesistenti, non si ha diritto
a indennità di disoccupazione e si può essere licenziati facilmente”.
E come se non bastasse, nel pieno della stagione, si viene “chiamati” tutti i
giorni. Mauro , 19 anni, vive a San Mauro Mare e da quando ne aveva 14 d’estate
fa il barista nei bar sulla spiaggia o in birrerie la sera. “Succede che possa
lavorare ben oltre i giorni pattuiti e vengo avvertito all’ultimo momento. Ma
può succedere anche il contrario: se c’è maltempo mi dicono via sms che me ne
posso stare a casa. Il messaggio può arrivare alle 7 del mattino, dopo che ho
lavorato fino alle 2 e che mi sono già svegliato per riprendere. Quest’anno ho
fatto un colloquio in un pub: volevano che lavorassi tutte le notti senza
contratto per una paga di 3 euro all’ora. Ho rifiutato”.
Claudio di anni ne ha 24, è di origine campana ma vive da tempo a Rimini e fa il
cameriere in una pizzeria. “Il contratto a chiamata per me vale sempre, prendo
un migliaio di euro al mese e in una settimana posso fare fino a 90 ore”.
L’unica storia, tra quelle raccolte, con un esito positivo è quella Tommaso , 26
anni, un ragazzo riminese che lavora nel salvataggio. “Prima ero in un officina
meccanica”, dice, “e quando sono rimasto disoccupato ho pensato di fare la
stagione. Mi hanno preso ufficialmente per 6 ore e 20 minuti al giorno. Invece
ne facevo almeno 8 e quando ho avuto un lutto in famiglia i miei datori di
lavoro stentavano a lasciarmi i giorni per il funerale e per stare con i
parenti. Allora ho iniziato a informarmi sui miei diritti e ho minacciato una
vertenza. A quel punto mi hanno regolarizzato e regolare lo sono ancora oggi. Ma
non tutti nel mio impianto lo sono”.
Laura , 40 anni, oggi fa la guida turistica, ha un contratto come si deve, ma
del suo precedente lavoro in un hotel di Rimini non ha mai visto neanche un
soldo. “Ero regolarizzata per il 30% di quello che in realtà lavoravo, il
restante stipendio mi veniva dato in nero. All’inizio ho accettato perché avevo
bisogno di denaro, ma poi passa il primo mese e non mi pagano, passa il secondo
e la situazione è la stessa. A quel punto mi sono rivolta a chi poteva
assistermi nell’avere quello che mi spettava. Durante una manifestazione davanti
all’albergo, però, con sono stata aggredita a parole e non solo”.
Quello del passare dall’abuso contrattuale all’ aggressività verbale e fisica è
un nodo che segnala anche Manila Ricci dell’associazione Rumori Sinistri. “Il
problema è nel complesso così grave che non possiamo più gestirlo come gruppo di
volontari. Sta dunque partendo una campagna che prevede anche l’attivazione di
una linea telefonica perché i lavoratori para-schiavizzati vanno oltre la
stagione estiva e c’è un bisogno costante di supporto specialistico. Occorre
rompere il meccanismo di omertà e il sistema del lavoro schiavistico del
turismo”.
Un sistema che, se per gli italiani è drammatico, lo è ancora di più per gli
stranieri, soprattutto donne comunitarie che arrivano dalla Romania. I migranti
sono sotto ricatto anche per il posto letto compreso nel “pacchetto” lavorativo
(se protestano, l’alloggio rischia di saltare) e nel 2011 l’associazione Rumori
Sinistri ha ricevuto 198 persone allo sportello antisfruttamento . Di queste 174
erano romene e 142 hanno pagato agenzie di intermediazione italiane con uffici
nei Paesi d’origine. Il prezzo per lavorare a condizioni estreme in Italia si
aggira sui 600 euro per i cittadini comunitari, ma può arrivare a 1700 per chi
viene da nazioni extra Unione europea.
Quattro di queste lavoratrici, tutte romene, hanno però reagito e attraverso
l’associazione hanno ottenuto il supporto di un avvocato romagnolo, Raffaele
Pacifico , che in tarda primavera ha presentato una denuncia alla procura della
Repubblica di Rimini per riduzione in schiavitù e mobbing . “Ho raccolto i loro
racconti in lingua originale e poi li ho fatti tradurre”, spiega il legale.
“Sono racconti crudi che parlano di avanzi di cibo da mangiare con gli animali
domestici dei titolari degli alberghi, di giorni di riposo mai concessi e di
assenze per malattia negate . Avendo pagato per venire in Italia a lavorare,
queste lavoratrici non potevano tornare nel loro Paese prima della fine della
stagione. Ora i magistrati sono in fase istruttoria e stanno valutando tutta la
documentazione che ho allegato alla denuncia, certificati medici compresi”.
Mentre il consigliere Pazzaglia e le associazioni di lavoratori chiedono che si
arrivi a un “ certificato di qualità ” che attesti il rispetto degli operatori
del settore per contratti e condizioni di lavoro, l’Aia respinge le accuse e
dice che non si tratta di una situazione generalizzata. “Casi ce ne sono”,
spiega ancora la presidente De Rinaldis. “Il figlio di una mia collaboratrice,
per fare il bagnino, ha preso 50 euro per dieci giorni , è una vergogna,
prenderei chi lo ha trattato così a calci nel sedere”. La rappresentante degli
albergatori è in realtà ancora più esplicita quando parla di questo episodio, ma
aggiunge riferendosi al comparto: “Vorrei andare io dai sindacati a dire che c’è
personale in eccesso che non fa niente e che rifiuta di spostarsi per esempio
dalle cucine ai piani se in cucina non c’è nulla da fare e invece serve una mano
altrove”.
E insiste a parlare di “situazioni limite, da non difendere, certo, ma comunque
marginali ”. Ma limite o meno che siano queste situazioni, i lavoratori
sfruttati potrebbero bussare alla porta dell’Aia trovando un interlocutore che
intervenga per sanare ciò che sano non è? “Non è questo il nostro lavoro”,
risponde Patrizia De Rinaldis. “Ci sono delle regole che devono essere
rispettate, ma sono altri gli organi che lo devono fare. Personalmente faccio
convegni e corsi per ribadire quali sono queste regole. Le verità è che noi per
primi subiamo la concorrenza sleale di chi sfrutta i lavoratori usando forme di
flessibilità estreme che mettono a rischio a 80 mila posti di lavoro nel
settore”.
11 luglio
Ocse: disoccupazione in
Italia salirà al 9,9% nel 2013. “Giovani prime vittime della crisi”
Nuovo record a maggio nell'area euro con un tasso di senza lavoro pari
all'11,1%. Preoccupazione per la situazione di Spagna e Portogallo. Nel nostro
paese i più colpiti dalla crisi sono i lavoratori nella fascia tra i 15 e i 24
anni: uno su due è precario. "Pacchetto di riforme è epocale, ma devono essere
applicate rapidamente"
”L’Italia
é stata colpita duramente dalla crisi ed è probabile che la disoccupazione
continui ad aumentare”: è quanto scrive l’ Ocse nel suo ultimo rapporto sulle
prospettive dell’occupazione, presentato oggi a Parigi. Secondo le stime, quest’anno
il tasso dei senza lavoro dovrebbe arrivare al 9,4% per poi aumentare nel 2013
al 9,9% . Un dato a cui si aggiunge l’allarme precariato: secondo il rapporto,
in Italia nel 2011 era precario il 49,9% della popolazione tra i 15 e i 24 anni.
Nel 2010, lo era il 46,7% e nel 2009 il 44,4%. L’Ocse rileva soprattutto la
crescita del dato generale che sia lo scorso anno che nel 2010 si era fermato
all’ 8,4% e sottolinea che “diversi paesi – Grecia, Spagna, Italia e Portogallo
– hanno annunciato o attuato riforme del mercato del lavoro per contrastare la
dualità tipica del settore riducendo il gap tra la protezione di chi un lavoro
ce l’ha e i lavoratori a tempo determinato”. L’impatto di tali riforme, prosegue
l’organizzazione, “potrà essere ampliato da altre riforme strutturali che
aumentino la competizione nei settori dove esistono grandi potenzialità di
creare posti di lavoro come il commercio al dettaglio e i servizi
professionali”. Anche perché – sottolinea il rapporto – ad oggi il costo
occupazionale della crisi “non è stato distribuito in modo uniforme. Sono stati
soprattutto i giovani e i lavoratori meno qualificati a perdere il lavoro”. Un
dato che coincide con quello rilevato dall’Istat pochi giorni fa, con il numero
dei senza lavoro nella fascia 15-24 anni che ha raggiunto il record del 36%.
Come immediata risposta, invita l’Ocse, è necessario applicare “immediatamente e
completamente”, le misure contenute nella riforma del lavoro che potrebbero
“ridurre significativamente la segmentazione del mercato del lavoro”.
Ancora più diretto il commento di Stefano Scarpetta , vice direttore per
l’Occupazione dell’istituto. Il pacchetto di riforme intraprese in Italia dal
governo di Mario Monti – ha detto – “è epocale”, ma ora bisogna attuarlo
rapidamente perchè la sua messa in opera è “fondamentale”. Il pacchetto di
riforme, ha proseguito Scarpetta, “è positivo perchè dà segnali ai mercati e può
essere uno stimolo per gli investimenti”. Ma “per affrontare i problemi del
mercato del lavoro c’è bisogno di crescita economica. E tutte le riforme devono
essere messe in opera, perchè ora la loro attuazione è fondamentale”.“L’Italia –
ha proseguito – deve far ripartire la crescita. Non si risolvono i problemi
sociali senza crescita”. Quanto ai dati sulla disoccupazione, all’inizio
“prevedevamo un aumento quest’anno e una stabilizzazione nel 2013. Ma ora c’è
un’incertezza enorme. Se si danno risposte concrete lo scenario potrebbe anche
migliorare”, ha proseguito Scarpetta, sottolineando che “l’attuale situazione è
già abbastanza drammatica”.
Non va meglio in Europa e nei paesi Ocse in generale. A maggio infatti è stato
raggiunto il nuovo massimo storico nell’area dell’euro con un tasso dell’11,1%,
in crescita di 0,1 punti percentuali rispetto ad aprile e di 3,8 punti
percentuali rispetto al 7,3%, il punto minimo registrato nel marzo del 2008. Il
paese dell’area Ocse con il tasso di disoccupazione più elevato resta la Spagna
( 24,6% , in crescita dello 0,3%), seguita dal Portogallo (dato stabile al 15,2%
) e dall’ Irlanda (dato stabile al 14,6% ), mentre quello con il tasso minore
rimane la Sud Corea, dove il dato scende dello 0,2% al 3,2%. La disoccupazione
femminile, invariata all’ 8% , resta leggermente superiore a quella maschile
(7,9%). Complessivamente a maggio sono circa 48 milioni i disoccupati nell’area
dell’Ocse: quasi 15 milioni in più rispetto all’inizio della crisi finanziaria
iniziata alla fine del 2007. Per ritornare ai livelli pre-crisi occupazionale
servirebbero la creazione di circa 14 milioni di posti di lavoro.
I più colpiti, in Italia come in Europa, sono ancora una volta i giovani. A
maggio erano 11,9 milioni. E se il tasso di disoccupazione giovanile dell’area
dell’Ocse resta a poco più del 16% nel maggio del 2012, invariato rispetto ad un
anno prima, la variazione tra i singoli paesi oscilla da un minimo di circa l’
8% in Germania ad oltre il 50% in Grecia e Spagna . Nell’area dell’euro passa
dal 22,4% di aprile al 22,6% di maggio. Dall’inizio della crisi, nel 2007,
l’occupazione giovanile è diminuita del 7% nell’area dell’Ocse. Nel periodo
2007-2011, rileva ancora l’Ocse, la percentuale dei giovani che erano
disoccupati e non proseguivano gli studi “è fortemente aumentata in Spagna. In
Irlanda è cresciuta di 5,4 punti, di 3,5 punti in Grecia e in Slovenia e di 2
punti in Estonia, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Repubblica Slovacca. Al contrario
è fortemente diminuita, di oltre un punto, in Germania. La principale
preoccupazione, sottolinea l’Ocse, “è la disoccupazione giovanile e non
l’aumento della loro inattività dopo i loro studi e la loro formazione.
Tuttavia, in alcuni paesi, come il Belgio, l’Irlanda, l’Italia e il Lussemburgo,
la quota dei giovani inattivi, che non studiano e non sono in formazione, è
sensibilmente aumentata”.
Crollano i mutui delle
famiglie in tre mesi -47% per le case
Nel primo trimestre del 2012 si sono quasi dimezzate le richieste di credito
delle famiglie italiane. E' quanto emerge da uno studio di Assofin, Crif e
Prometeia. E i finanziamenti per le ristrutturazioni scendono dell'80%
Decisa
flessione del mercato del credito alle famiglie nel 2011 e nei primi tre mesi
dell'anno: calano le erogazioni di mutui immobiliari per acquisto di abitazioni
(-47% nel primo trimestre 2012) e diminuiscono le erogazioni di credito al
consumo (-2,2% nel 2011 e -11% nei primi tre mesi del 2012). E' quanto emerge
dalla trentaduesima edizione dell'Osservatorio sul Credito al Dettaglio
realizzato da Assofin, Crif e Prometeia. In uno scenario di criticità sul
mercato del lavoro e di contrazione del reddito disponibile reale, le famiglie
italiane, rileva l'Osservatorio, ''hanno infatti evidenziato una sostanziale
cautela nell'affrontare acquisti, soprattutto se di beni durevoli di valore
elevato, e investimenti per l'acquisto di immobili. Le politiche di offerta di
credito, allo stesso tempo, si sono mantenute selettive a causa dei vincoli e
dei costi del funding, dei più stringenti requisiti di capitale e della elevata
attenzione da parte degli Istituti alla rischiosità della clientela''. A partire
dalla seconda metà del 2011 il mercato dei mutui alle famiglie ha evidenziato un
progressivo rallentamento, riflettendo il peggioramento sia del clima di fiducia
sia delle prospettive sul mercato degli immobili residenziali; a scoraggiare la
richiesta di finanziamenti per la casa potrebbe aver concorso anche l'aumento
dei tassi di interesse applicati ai nuovi contratti. L'irrigidimento dei criteri
di concessione è legato soprattutto alle tensioni sul funding che hanno riflesso
l'acuirsi della crisi del debito sovrano. In questo scenario, i flussi di nuove
erogazioni finalizzate all'acquisto di abitazioni nel 2011 hanno evidenziato una
contrazione pari al -9,1% rispetto all'anno precedente, che è aumentato fino al
-47% nei primi tre mesi del 2012.
Sono soprattutto gli altri mutui (mutui per ristrutturazione, liquidità,
consolidamento del debito, surroga e sostituzione) a subire una flessione
netta: dopo il -24,9% del 2011, nei primi tre mesi del 2012 fanno registrare una
contrazione delle erogazioni pari all'80% rispetto allo stesso periodo del 2011.
Il clima di incertezza, inoltre, ha spinto le famiglie a scegliere soluzioni e
formule che le tutelino contro eventuali futuri innalzamenti dei tassi: stanno
infatti aumentando le quote dei mutui a tasso misto e a tasso fisso (entrambe al
27% nei primi tre mesi del 2012). Tuttavia, circa il 50% delle erogazioni
complessive nel 2011 e il 46% nel primo trimestre 2012 risulta essere ancora
stipulato a tasso variabile, favorito dai tassi di mercato di riferimento che si
sono mantenuti su livelli contenuti. Nel corso del 2011 si e' assistito a una
conferma del trend negativo delle erogazioni del credito al consumo (-2,2%), che
diventa piu' marcato nella seconda parte dell'anno e si consolida ulteriormente
nel corso del primo trimestre 2012 (-11% rispetto allo stesso periodo dell'anno
precedente). Debole anche l'evoluzione delle erogazioni nei maggiori paesi
europei, ad eccezione della Germania che, come di consueto, mostra un andamento
anticiclico.