In chiusura delle Giornate
della Cooperazione Italiana intendiamo esprimere all'opinione pubblica il nostro
punto di vista su quello che sta accadendo dietro le quinte di questa grande
kermesse mediatica.
L'immagine che la Direzione
Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) - attraverso questa
autocelebrazione - intende offrire è in netto contrasto con l'attuale realtà
della Cooperazione italiana.
Alla costante riduzione dei
fondi governativi da destinare all'Aiuto Pubblico allo Sviluppo, che ha portato
il nostro Paese all'ultimo posto – in termini percentuali rispetto al PIL -
nella classifica dei donatori internazionali, si associa una gestione della DGCS
caratterizzata dalla generale tendenza a stravolgere (quando non ad ignorare) le
procedure vigenti.
In particolare:
- La programmazione delle
iniziative da realizzare non viene più presentata al Comitato Direzionale,
pertanto né discussa né pubblicata; le decisioni sono invece dettate, in molti
casi, da mera superficialità o scelte politiche di convenienza;
- Sono assenti strategie in grado di ottimizzare le poche risorse finanziarie
ancora disponibili e di destinarle alle reali priorità dei Paesi beneficiari;
- Il Nucleo di Valutazione Tecnica (organo consultivo e di garanzia) è stato
pressoché svuotato della sua funzione istituzionale e le rispettive competenze
sono state di fatto assunte dal Direttore Generale o dal Sottosegretario di
turno; si è così privato il Comitato Direzionale (l’organo decisionale
collegiale previsto dalla legge 49/87) del supporto tecnico previsto per legge;
- Non si è mai provveduto ad reintegrare il numero degli Esperti DGCS, oggi
ridotto a meno della metà del contingente previsto dalla legge 49/87;
- Si assiste ad un progressivo ma massiccio affidamento di compiti, che la legge
attribuisce a figure professionali interne assunte con procedure concorsuali
pubbliche, a personale e/o istituti esterni non sempre dotati delle competenze
specifiche con conseguente forte aumento dei costi a carico della cooperazione;
- Non si intravedono miglioramenti della qualità dei progetti e della
funzionalità della struttura. Lo scorso anno la DGCS commissionò ad una società
privata uno studio finalizzato ad analizzare i punti deboli dell'attività di
cooperazione e proporre adeguati correttivi. I risultati di tale studio,
peraltro ben pagato, non sono mai stati resi noti. Anche le raccomandazioni
dell'OCSE relative alla Cooperazione italiana sono rimaste disattese. Infine, si
sottolinea la totale assenza di attività di monitoraggio e valutazione delle
iniziative, nonostante la recente pubblicazione di uno specifico manuale che
resta, pertanto, uno strumento puramente teorico;
- In contrasto con i principi delle più recenti norme in materia di dirigenza
pubblica si assiste ad un progressivo accentramento del potere decisionale nelle
mani del Direttore Generale il quale assume l’interim di un Ufficio importante
come l’XI (consegnatario, gestione e manutenzione beni); tra l’altro finora
abbiamo assistito all’allontanamento di quei funzionari non graditi al Direttore
Generale;
- Si registra un'accentuata tendenza ad un uso anomalo dei "contributi
volontari" erogati dalla DGCS ad Organismi Internazionali; i più compiacenti
sono spesso utilizzati per eludere qualunque forma di controllo tecnico ed
amministrativo;
- Si registra inoltre un discutibile utilizzo dei fondi per spese di
funzionamento come nel caso del faraonico, quanto inutile, "restiling" degli
uffici del quinto piano.
Sembra dunque evidente che la
dirigenza della DGCS non sia affatto interessata alle sorti dei diseredati del
Terzo Mondo né tantomeno alla valorizzazione professionale dei suoi operatori i
quali, nonostante tutto, hanno saputo in questi anni conseguire alcuni risultati
positivi ad un costo certamente inferiore rispetto a tante vuote operazioni
mediatiche o di pura immagine.
Roma, 2 dicembre
2005
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