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I motivi della protesta |
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La trappola
Dopo la presentazione da parte del
governo delle tre leggi delega, si è sviluppata nel paese una
mobilitazione unitaria che aveva al centro due parole d’ordine: lo
stralcio dell’articolo 18 e dell’arbitrato dalla delega sul mercato
del lavoro e profondi cambiamenti in quella previdenziale che, con
la decontribuzione prevista per i neo assunti, mina alle radici il
sistema pensionistico del nostro paese. A dicembre ci sono stati
scioperi sui posti di lavoro con assemblee che hanno coinvolto
centinaia di migliaia di persone; a gennaio scioperi territoriali
con manifestazioni di piazza partecipatissime che hanno coinvolto in
due settimane tutte le regioni d’Italia e milioni di persone.
Oggi il governo propone l’avvio di una
nuova fase di discussione su tutte le materie che riguardano il
mercato del lavoro, compreso lo Statuto dei lavoratori. E si guarda
bene dallo stralciare dal testo della delega, il cui iter in
Parlamento viene solo rallentato, l’articolo 18. Su cui anzi esorta
le parti sociali a discutere, pronto a recepire un eventuale avviso
comune. Se no, spiega, il governo deciderà da solo.
È una vera e propria trappola.
Sull’articolo 18 non si tratta. E, sugli altri temi, quale
trattativa si può fare con la minaccia pendente della delega? Con
una Confindustria che ha fatto di quella norma il grimaldello con il
quale smontare il diritto del lavoro nel nostro paese? Con un
governo che non ha mai fatto mistero della sua scelta di campo a
favore degli imprenditori?
Per questo la Cgil chiama il paese a una
mobilitazione straordinaria. Per costringere il governo a stralciare
quella norma dalla legge delega. E insieme per aprire un confronto
vero su temi essenziali come mercato del lavoro, previdenza, fisco,
Mezzogiorno, scuola e immigrazione ai quali il governo, con le sue
deleghe e le sue leggi, ha dato risposte parziali e inefficaci,
quando non inique.
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Articolo 18
Non c'è alternativa allo stralcio
Il presidente di Confindustria l’ha
detto a chiare lettere: questa misura è il foro con cui incrinare e
poi far crollare la diga dello Statuto dei lavoratori. Le modifiche
previste nella delega all’articolo 18, del resto, non prevedono
affatto poche limitate eccezioni, come dice il governo. Un solo
esempio: abolire la reintegrazione nel posto di lavoro in caso di
licenziamento immotivato per chi passa da tempo determinato a tempo
indeterminato significa in pratica abolirla per tutti i neoassunti.
Togliere tutele ad alcuni non solo non crea spazi per darne di più
ad altri, ma, come dice D’Amato, apre la strada a un progressivo
abbattimento dei diritti di tutti. E questo renderebbe tutti più
deboli. Per questi motivi lo stralcio di questa norma è la
condizione preliminare a qualsiasi trattativa sul mercato del
lavoro.
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Mercato del
lavoro
Soli, senza regole e senza tutele
Quello disegnato nella legge delega e,
ancor più compiutamente nel Libro bianco del ministro Maroni, è un
mercato del lavoro destrutturato, deregolato, in cui ciascuno è più
solo e il lavoro è una merce come un’altra, senza tutele, e il
caporalato diventa legittimo.
La Cgil propone invece una vera riforma
degli ammortizzatori sociali, che estenda a tutti, modulandole, le
tutele attuali, rafforzandone il carattere solidaristico e
l’efficacia in funzione della ricollocazione professionale. In
questo senso il ruolo chiave è quello della formazione: che va
garantita per tutti e per tutto l’arco della vita come nuovo diritto
universale. La Cgil propone perciò di riformare i rapporti di lavoro
a contenuto formativo, valorizzando l’apprendistato per i giovani e
sostituendo il contratto di formazione lavoro con un contratto di
reinserimento per i disoccupati di lunga durata. Tutto ciò richiede
una dotazione finanziaria crescente nel tempo, per arrivare, a
regime, a un costo di 6 mila miliardi annui. Il governo invece non
destina risorse a queste voci e anzi riduce gli stanziamenti già
esistenti |
Pensioni
Un futuro nero per tutti
Il governo ha preparato con la
decontribuzione per i giovani prevista dalla delega, un futuro nero
per tutti: per i giovani, per i lavoratori meno giovani e per i
pensionati.
Questo per il futuro: ma anche per il
presente, con la Finanziaria, non sono mancati danni. Troppi sono
stati gli esclusi nell’intervento sulle pensioni al minimo, ne sono
risultate svalutate le pensioni da lavoro rispetto a quelle
assistenziali.
A questo va posto rimedio. Per quanto
riguarda le prospettive, la Cgil che, assieme agli altri sindacati,
ha contribuito nel 1995 e poi nel 1997 a riformare il sistema
previdenziale, chiede oggi che venga finalmente messo in condizione
di partire efficacemente il secondo pilastro, la previdenza
complementare. Questo può avvenire attraverso l’utilizzo del tfr,
che però deve essere volontario. Mentre il governo, con
l’obbligatorietà, vuol mettere le mani sul tfr per altri fini, con
la cartolarizzazione annunciata.
Per quanto riguarda i lavoratori
parasubordinati, poi, all’aumento dei contributi deve corrispondere
un aumento delle prestazioni sociali, in particolare va introdotta
una forma d’indennità di disoccupazione. Più in generale va
rafforzata la tutela previdenziale per tutti i lavoratori
"atipici".
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Fisco
Da una parte sola: quella dei più ricchi
Con la Finanziaria, invece di diminuire
le tasse, il governo alla fine le ha aumentate, soprattutto sui
redditi medi e medio-bassi. Con la delega, che prevede due sole
aliquote e annulla la progressività, si redistribuiscono le risorse
a favore delle imprese e dei ceti più abbienti mentre si riducono
quelle che finanziano lo Stato sociale.
Per la Cgil invece la riduzione
dell’imposizione fiscale deve andare avanti in modo equilibrato,
mantenendo la giusta progressività del sistema e detrazioni
specifiche per lavoratori dipendenti e pensionati, introducendo per
questi ultimi apposite detrazioni che compensino la perdita del
potere d’acquisto delle pensioni.
Una parte delle risorse che in futuro si
libereranno per la riduzione degli oneri del debito pubblico dovrà
essere impiegata nella ricerca, nell’innovazione, nello sviluppo del
capitale umano e in politiche sociali che ci facciano raggiungere
gli standard europei.
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Mezzogiorno
Quella priorità dimenticata
Il Mezzogiorno è il grande assente
nell’azione del governo. Occorrono politiche urgenti di riequilibrio
nello sviluppo, con interventi mirati per il Sud e le aree
depresse.
Occorre rilanciare – e finanziare
adeguatamente – la programmazione negoziata, le infrastrutture
materiali e immateriali, per una spinta qualitativa allo sviluppo e
all’occupazione. Occorre attrarre al Sud, con forti incentivazioni,
investimenti dalle aree sature del Nord e dall’estero.
La crescita e lo sviluppo del
Mezzogiorno hanno bisogno dell’affermazione piena della legalità e
di un più deciso contrasto alla criminalità e alla mafia.
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Scuola
Una vera controriforma
Nel progetto Moratti l’istruzione
diventa, da diritto garantito dalla Repubblica, merce consegnata al
mercato.
Si prevede una rigida separazione tra
l’istruzione che conta (il liceo) e il rapido accesso al lavoro per
migliaia di giovani. Per i quali viene anche cancellata la garanzia
rappresentata dall’obbligo scolastico. La ciliegina è
rappresentata dall’annullamento di ogni distinzione tra scuola
pubblica e privata.
La Cgil chiede invece risorse e
finanziamenti per lo sviluppo della scuola dell’autonomia, che va
difesa contro tutti i centralismi, quello dello Stato ma anche
quelli delle Regioni. Occorre poi difendere l’innalzamento
dell’obbligo scolastico, contro ogni scelta precoce alla fine delle
medie, e come condizione per cui ogni decisione riguardo alle
superiori non voglia dire scelte rigide e gerarchizzate. La Cgil
dice poi no al nuovo canale di alternanza scuola-lavoro, che
ipotizza il lavoro senza contratto e senza diritti.
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Immigrazione
Quella legge che va contro gli interessi del
paese
Questo governo, con la legge Bossi-Fini
in materia d’immigrazione, si pone in contrasto con gli orientamenti
europei e contraddice i valori della nostra Costituzione. Per dare
risposta alle peggiori spinte xenofobe e razziste annidate in parte
dell’elettorato di centro-destra, prospetta per il nostro paese un
modello di società improntato sulla discriminazione, sull’esclusione
e sulla precarizzazione.
Proprio il contrario di ciò di cui il
paese ha bisogno.
La Cgil è per un progetto di società
multiculturale, fondato sulla parità di diritti, sull’inclusione,
sulla valorizzazione delle differenze per la crescita culturale di
tutti. |
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