CGIL CISL UIL

 

FARNESINA: NO AD UNA RIFORMA VIRTUALE

Dopo il primo incontro con il Presidente Berlusconi, nel febbraio scorso, avevamo evidenziato le opportunità che si offrivano alla Farnesina con la presenza di un Ministro degli Esteri in possesso di tutte le leve necessarie per rendere più incisivi e rapidi gli indispensabili procedimenti di potenziamento ed ammodernamento delle strutture ministeriali per il completamento della riforma avviata negli anni scorsi.

In quell’occasione tutte le OO.SS. del MAE avevano evidenziato i limiti propri di interventi parziali ed "a costo zero", che non consentono di migliorare il servizio offerto alle molteplici e differenziate "utenze" del sistema pubblico all’estero (economico – commerciale, socio-emigratorio, culturale, turistico, cooperazione con i PVS).

Dobbiamo peraltro constatare che gli impegni e le promesse, ribadite dal Ministro ad interim anche nel corso del secondo incontro con i rappresentanti sindacali dell’8 aprile, non hanno trovato riscontro nella realtà.

In particolare è grave che sia mancato il necessario coinvolgimento del Personale della Farnesina alla fase di elaborazione di un progetto di riforma le cui grandi linee, si apprende dalla stampa, sarebbero già state predisposte ed approvate tanto da necessitare soltanto di un loro pubblico annuncio in occasione dell’annuale Conferenza degli Ambasciatori.

Non deve quindi meravigliare che una così vaga prospettiva abbia provocato alla Farnesina e nelle altre Amministrazioni coinvolte (Ministero delle Attività Produttive, ICE, SIMEST e SACE) una situazione di stallo; per il Ministero degli Esteri in particolare la fase di immobilismo ha aggravato il deterioramento di una struttura già da tempo carente di risorse umane e finanziarie. Alcuni dati sono particolarmente significativi:

Quota MAE del bilancio dello Stato:

1985

0,57

2001

0,27

 

Rispetto alle dotazioni finanziarie degli altri Dicasteri italiani il MAE è in quintultima posizione.

Ancora più allarmante è il confronto con gli altri Paesi del G7: Canada 2,15% - Francia 1,30% - Giappone 0,92% - Germania 0,87% - Stati Uniti 0,83% - Regno Unito 0,40.

Organici MAE:

1990

5.074

2002

5.129

* (comprese 189 unità dell'area della promozione culturale)

La riduzione in termini reali (-134 unità) dell'organico non ha seguito il costante ed importante ampliamento delle competenze e delle materie trattate. Infatti, il ruolo centrale del MAE in politica estera e l'accresciuta presenza di altri attori istituzionali in tale settore (è sufficiente pensare alle Regioni) hanno ulteriormente evidenziato le carenze di personale e di risorse finanziarie.

La posizione dell'Italia rispetto ad altri Paesi evidenzia un divario drammatico:

Paese

Italia

Francia

R. Unito

Germania

Canada

Organico

7.984

15.324

13.691

12.234

9.163

di cui di ruolo

5.129

9.474

5.591

9.921

3.910

Sedi

247

279

275

216

162

Di cui consolari

116

113

72

61

25

In particolare nel settore economico commerciale il personale impiegato nei 137 uffici operativi presso le rappresentanze diplomatico consolari si aggira sulle 255 unità di cui 109 diplomatici e 146 funzionari dell’area economico commerciale. Una media di meno di due persone per ufficio.

Gli stanziamenti previsti per finanziare l’attività degli Uffici commerciali all’estero per il 2002 ammontano complessivamente a 1.316.979 Euro, il 9% in meno rispetto al 2001.

La presenza di nostre importanti collettività all’estero (60 milioni di italiani e oriundi) giustifica la più estesa rete consolare fra quelle dei Paesi Occidentali. Nella prospettiva del voto all'estero va sottolineato un elemento sovente sottovalutato: in base alla vigente normativa sulla cittadinanza, sono italiani tutti coloro che ne hanno diritto, anche se non hanno ancora ottenuto il relativo riconoscimento. Non a caso è in continua crescita il numero di coloro che si rivolgono ai Consolati italiani per vedere riconosciuto tale diritto. L’esempio del Brasile (18.000 riconoscimenti l'anno).

Il fenomeno è collegato ad una normativa in tema di cittadinanza fra le più generose del mondo; l'incontro tra tale normativa e quella del voto all'estero non potrà che comportare un aumento delle richieste e la conseguente impossibilità per i nostri Uffici all'estero di evaderle nei tempi previsti.

 

Il Presidente della Repubblica e quello del Consiglio hanno ripetutamente sottolineato il ruolo fondamentale della cultura come parte integrante della nostra politica estera; innumerevoli dichiarazioni sono state rilasciate agli organi di informazione sul tema del rilancio dell’azione dei 93 Istituti Italiani di Cultura all'estero. A tale rilievo mediatico non ha fatto seguito, purtroppo, alcuna iniziativa concreta, sia pure parziale, per ovviare alle più macroscopiche carenze di personale e risorse finanziarie da destinare alla nostra azione culturale all’estero. La lunga "pausa di riflessione" sul promesso progetto di riforma della legge degli I.I.C. (L.401/90) ha intanto prodotto sprechi di risorse, demotivazione negli operatori culturali, mancata innovazione degli strumenti e dei metodi operativi.

L'assenza di un progetto organico di programmazione culturale, con lo sviluppo di iniziative coordinate dal centro ma individuate sulla base di un dialogo per la rete degli I.I.C. ha reso ancora più episodica la nostra azione in un settore che dovrebbe invece vederci particolarmente attivi.

La legge del 1990 fissa in sole 250 unità il personale di ruolo da destinare agli Istituti di Cultura: ne risultano oggi in servizio soltanto 189, e di queste solo 98 sono presso i 90 Istituti attivi, con una media risibile di 1 addetto per Istituto! Il magro stanziamento di 13,5 milioni di Euro distribuisce 150.000 euro annuali in media ad Istituto, da utilizzare spesso anche per coprire le spese di locazione, generalmente consistenti.

A poco serve proclamare anni tematici a quindici giorni dall’inaugurazione o inviare lettori all’estero per la diffusione della lingua italiana, in mancanza di un serio coordinamento, di un’adeguata rete di sostegno e di controlli di qualità sui risultati delle iniziative svolte.

 

Il primo dato, che non esitiamo a definire impressionante, riguarda la caduta verticale (- 66,7%) dell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo italiano, passato, secondo i dati OCSE, dallo 0,34% del PIL nel 1992 (4.122 m.ni di $ USA) allo 0,13% nel 2000 (1376 m.ni di $ USA). Tale diminuzione ha inoltre inciso in gran parte sulla cooperazione bilaterale (nel 2000 meno di un terzo dei programmi approvati era per iniziative bilaterali), con il conseguente incremento (virtuale) di quella multilaterale ed un indubbio offuscamento dell’immagine del nostro Paese, scomparso da molte aree come donatore. Altrettanto preoccupante è la situazione del personale, in particolare degli "esperti" responsabili delle diverse fasi del ciclo del progetto: il contingente previsto dalla Legge 49/87 è di 150 unità mentre attualmente lavorano alla DGCS 87 unità). Questi dati, nella loro essenzialità, non richiedono alcun commento: l'incremento delle risorse da destinare all'APS, la riorganizzazione della DGCS e il completamento degli organici degli esperti non possono non essere tra le priorità del MAE, per mantenere gli impegni ripetutamente assunti nelle Conferenze Internazionali, in particolare in ambito G8, e per rilanciare anche in questo settore l’azione dell’Italia.

Dopo l’arrivo del Presidente Berlusconi alla Farnesina abbiamo confermato la disponibilità a partecipare alla riforma del Ministero con il nostro contributo di esperienze e capacità professionali. Possiamo ora dire che la nostra offerta è stata, di fatto, respinta, avendo scelto i responsabili politici e l’Amministrazione la logica della "riservatezza", che si è tradotta, nei fatti, in un lavoro sviluppato da un gruppo di "consulenti" in contatto con un non meglio identificato gruppo di funzionari.

Non riteniamo che la strada imboccata sia la migliore per giungere ad una riforma finalmente compiuta; la necessità, condivisa da queste OO.SS, di riorganizzare con urgenza il settore economico – commerciale del Sistema Paese non può infatti indurre a trascurare gli altri campi di competenza del MAE (promozione culturale, cooperazione allo sviluppo, attuazione del voto degli italiani all’estero).

Di fronte al quadro sopra delineato confermiamo il nostra impegno a vigilare affinché il disegno di riforma non si riduca ad una semplice operazione di facciata. Gli annunci non seguiti in tempi rapidi dai necessari passaggi legislativi ed amministrativi e privi di adeguate risorse finanziarie per la loro attuazione risultano dannosi all’immagine del Paese ancor più delle fasi di immobilismo. Chiediamo quindi che il Presidente Berlusconi negli ultimi giorni del suo mandato alla Farnesina, tenga fede alle promesse formulate e agli impegni presi con il DPEF 2003-2006 deliberato dal Consiglio dei Ministri il 5/7/2002, con la presentazione di un disegno organico, che contempli un chiaro percorso istituzionale e la partecipazione delle istanze rappresentative degli operatori dei comparti interessati.

Roma, 20 luglio 2002